Dal 19 Novembre il collettivo “Le Lampare – Basso Jonio Cosentino” sta mantenendo un’occupazione presso l’ospedale dismesso Vittorio Cosentino di Cariati (CS), in una lotta contro la privatizzazione della sanità che ha portato alla chiusura di tante strutture pubbliche come questa. Abbiamo intervistato uno dei membri del collettivo, Mimmo Formaro, per saperne di più di questa lotta.
- A Cariati (CS) state tenendo da più di 40 giorni un’occupazione presso l’ospedale dismesso Vittorio Cosentino. Qual è la storia di questa struttura e come procede la vostra lotta?
L’ospedale Vittorio Cosentino ha visto la luce nel 1978 e per oltre 30 anni ha offerto assistenza pubblica ad un bacino di utenza molto vasto, comprendente le zone del Basso Jonio Cosentino, dell’Alto Crotonese e della Sila Greca (circa 80.000 persone). 10 anni fa, sotto la giunta regionale Scopelliti (Forza Italia), viene varato il piano di rientro dal debito regionale però, con cui sono disposti tagli lineari su tutto il settore pubblico, andando così a danneggiare anche quelle strutture come il V. Cosentino che avevano offerto a lungo un servizio di qualità. Dalla chiusura abbiamo assistito ad un effetto domino, che oggi ha portato la nostra zona ad avere l’imbarazzante media di 0,9 posti letto ogni mille abitanti, a fronte di una nazionale pari a 3. Abbiamo visto interi reparti morire quando i medici andavano in pensione per la volontà politica di lasciare il pubblico in uno stato di abbandono, mentre i tagli che si sono susseguiti causavano un sovraccarico delle strutture ospedaliere rimaste aperte, impedendogli di operare al meglio e causando una situazione emergenziale che è esplosa palesemente con l’arrivo del Covid.
La struttura, circa 13.000mq, offre una potenzialità complessiva di 120 posti letto, con impianti di riscaldamento ed ossigeno canalizzato funzionanti ed efficienti. Logisticamente si trova in una posizione centrale, al confine tra provincia di Cosenza e Crotone, unica struttura della zona con uno sbocco sulla 106 (principale via di transito per la fascia jonica): non a caso continua ad esserci un punto di primo intervento ed una RSA con 20 posti potenziali, ma ad oggi Il 70% della struttura resta inutilizzato.
Questo luogo, dal momento dell’occupazione (19 novembre), è diventato un spazio di confronto e dialogo, profondamente necessario in un territorio che dalla sua chiusura è piombato in una profonda depressione sociale ed economica. In queste settimane siamo stati testimoni della solidarietà quotidiana delle varie comunità della città e della zona, tra cui anche quella marocchina, e dopo 45 giorni di occupazione siamo finiti su tutti i media nazionali e non solo, a testimonianza di quanto la situazione di Cariati sia problematica, ma soprattutto emblematica rispetto ad una quotidianità fatta di tagli sul pubblico.
- Che richieste avete avanzato alle istituzioni? E quali risposte avete ottenuto fino ad ora?
Abbiamo richiesto il reinserimento del V. Cosentino nella rete regionale per acuti e l’attivazione di un piano straordinario per la sanità regionale con assunzioni stabili di medici, infermieri ed OSS come reale tutela del diritto alla salute.
Al momento siamo riusciti a far esprimere il viceministro Sileri (Movimento 5 Stelle) in favore della riattivazione della struttura, un punto di partenza da cui si è creato un effetto contagioso per cui diverse parti politiche stanno sostenendo la nostra lotta. Abbiamo poi avuto un confronto con l’ASP di Cosenza, che ha però mostrato l’ipocrisia dei suoi gestori e dei commissari: l’ASP ha solo promesso l’invio di 3 OSS per l’RSA infatti, cosa ancora non avvenuta. Abbiamo avuto risposte anche da Gino Strada, che ci ha contattato direttamente, ma che ha anche espresso solidarietà a mezzo stampa, sostenendo la centralità di questa struttura come luogo da cui ripartire. Adesso attendiamo l’arrivo del nuovo commissario Longo, che farà un sopralluogo non appena avrà formato la sua squadra.
Penso che da questa serie di risultati si possa capire che è possibile e necessario stroncare il paradosso della preminenza del privato sul pubblico, depauperato continuamente in favore del primo.
- Nonostante lo stato di estrema necessità della sanità pubblica si persevera nella strada di finanziare il privato, rendendo il diritto alla salute sempre più una chimera per le classi popolari. Cosa pensate sia corretto fare nei confronti del privato in questo settore?
Dal nostro punto di vista bisogna fermare il business della sanità privata, che opera con immensi finanziamenti pubblici. Una situazione indecente se si considera che essa non garantisce le urgenze/emergenze, ma solo le operazioni non più effettuabili presso le strutture pubbliche, non a caso le più remunerative, che diventano così motivo di profitto per gli imprenditori della sanità. Riteniamo, ora più che mai, necessaria l’espropriazione delle cliniche private da parte dello Stato che, anche in mancanza dei criteri stabiliti per legge, sono sempre riuscite a farsi accreditare soldi pubblici. Rifiutiamo la retorica delle “eccellenze della sanità privata” inoltre: dal nostro punto di vista le vere eccellenze sono i lavoratori di quelle strutture, costretti ad operare con molte meno tutele di chi opera nel pubblico, non certamente chi le possiede!
Oggi la classe borghese si riconferma interessata solo al proprio profitto, ad ingrassare le sue tasche col sudore di chi lavora, un modello che cozza con il rispetto del diritto ad una salute pubblica e gratuita, dimostrando che essa non può soddisfare le reali necessità collettive.
- Alcuni mesi fa, dopo una lotta serrata ed alcuni scioperi, 200 OSS ed infermieri sono stati stabilizzati in Calabria, ma continuano ad esserci mancanze significative su tutto il territorio nazionale, che il governo vuole tamponare con assunzioni precarie. Cosa vorreste dire a tutti i lavoratori del comparto sanità?
Ai lavoratori della sanità rinnoviamo la nostra massima solidarietà e sosteniamo la necessità di una loro stabilizzazione, obiettivo fondamentale visti gli sforzi inenarrabili che hanno compiuto e continuano a compiere. Vogliamo soprattutto dirgli, però, che è arrivato il momento di liberarsi dal giogo dei loro padroni: purtroppo vediamo come molte volte i dipendenti vengano usati dai padroni della sanità privata contro i loro stessi interessi, scendendo in piazza per la riapertura di strutture chiuse per mancanza di autorizzazioni o simili, senza attaccare il sistema di sfruttamento a cui sono sottoposti. Per questo motivo, secondo noi, bisogna continuare a mettere in evidenza il legame tra sanità privata, classe politica collusa e mancanza di assistenza pubblica.
- Il vostro è un importante esempio di lotta. Che messaggio vorreste mandare ai tanti lavoratori che oggi per curarsi sono costretti ad indebitarsi, quando non rinunciano totalmente a farlo?
Grazie per le belle parole. Pensiamo di aver dimostrato che le difficoltà e le paure individuali possono essere superate se trasformate in coraggio collettivo, in azioni collettive. Riprendersi le piazze, i luoghi di lavoro, questo è il messaggio che vogliamo lanciare, perchè solo da lì si può rinascere come società più giusta dal punto di vista sociale. Ci sentiamo molto umili però e non riteniamo di poter dare suggerimenti, ma vogliamo sottolineare la necessità per i lavoratori di sentirsi un corpo unico: nessuna divisione deve più esistere nella forza-lavoro, scientificamente frastagliata dalle riforme degli ultimi 30 anni. Vogliamo dire ai lavoratori di essere solidali, di capire che anche quando si attacca la sanità privata non si è contro chi vi lavora, anzi! Si tratta di un discorso che riguarda anche loro, poiché sappiamo che quei lavoratori sono tenuti in ostaggio dai padroni con i vari contrattini del settore privato, dove devono operare in condizioni elevatissime di sfruttamento.