Una serie di grandi annunci arrivano da Myke Pompeo, Segretario di Stato degli USA dell’amministrazione Trump, su temi di rilevanza internazionale. L’obiettivo dell’establishment trumpiano sembrerebbe quello di ingabbiare la nuova amministrazione in una serie di paletti diplomatici, coerenti con la politica estera dell’amministrazione Trump, ottenuti con misure provocatorie a pochi giorni dalla fine del mandato.
La prima è stata l’eliminazione del divieto sulle relazioni ufficiali tra funzionari diplomatici USA e di Taiwan. In pratica, un passo indietro sul principio dell’“unica Cina”, cioè quel principio fortemente affermato negli anni dalla diplomazia cinese e riconosciuto dagli USA nel 1978, per cui lo Stato rappresentante il popolo cinese è uno solo. In base a questo principio, la Cina si rifiuta di avere relazioni diplomatiche ufficiali con gli Stati che riconoscono Taiwan come Stato indipendente e vi intrattengono relazioni diplomatiche. Sono molto pochi al giorno d’oggi gli Stati che hanno relazioni ufficiali con Taiwan e non con la Cina (uno di questi è il Vaticano), cosa che ovviamente è diversa dalle relazioni economiche e commerciali con aziende taiwanesi e dal sostegno “informale” anche sul piano militare, che è prassi abbastanza diffusa, specie da parte degli USA.
Per la giornata di domani, è prevista una visita a Taiwan di Kelly Craft, ambasciatore USA presso l’ONU. Una provocazione abbastanza evidente, definita dalla Cina un “atto disperato” dell’amministrazione uscente, che sembra pensata per mettere in difficoltà Joe Biden, che in campagna elettorale si è fatto portavoce di una linea “dura ma distesa” con la Cina. È interessante, su questo tema, osservare come i quotidiani italiani si siano espressi sulla questione in toni molto diversi: si passa dai toni indubbiamente anti-cinesi del Giornale a quelli molto più distesi del giornale di Confindustria, il Sole 24 Ore che da tempo mostra significative aperture al paese asiatico, a testimonianza di come la stessa borghesia italiana sia divisa e le facili schematizzazioni lascino il tempo che trovano.
Un secondo atto altrettanto provocatorio che arriva da Pompeo è l’annuncio della reintroduzione di Cuba nella lista nera dei paesi sponsor del terrorismo, da cui il paese caraibico era stato rimosso nel 2015 dall’amministrazione Obama. «Con questa misura inchioderemo di nuovo il governo di Cuba alle sue responsabilità: il regime di Castro deve mettere fine al suo sostegno al terrorismo internazionale e alla sovversione della giustizia americana», ha dichiarato a riguardo Myke Pompeo.
Sulla vicenda si è espresso il Ministero degli Esteri cubano, in una dichiarazione che riportiamo qui integralmente: «[…] Un atto cinico ed ipocrita. Da mesi si specula sulla possibilità di includere Cuba nella lista unilaterale del Dipartimento di Stato USA che qualifica i paesi senza nessun mandato o legittimità, senza alcuna motivazione genuina, riferita al terrorismo e alle sue conseguenze, e come strumento di diffamazione per applicare misure economiche coercitive contro nazioni che rifiutano di inchinarsi ai capricci dell’imperialismo statunitense. L’annuncio formulato dal Segretario di Stato Michael Pompeo costituisce un atto presuntuoso di un governo screditato, disonesto e in bancarotta morale. È risaputo, senza alcun dubbio, che la vera motivazione di questa azione è porre ostacoli ulteriori a qualsiasi prospettiva di ripristino delle relazioni bilaterali tra Cuba e gli Stati Uniti. Cuba non è uno Stato sponsor del terrorismo, è una verità conosciuta da tutti. La politica ufficiale e conosciuta, e la condotta impeccabile del nostro paese, è il rifiuto del terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni, in particolare il terrorismo di Stato, da parte di chiunque, contro chiunque e dovunque si commetta. Cuba è uno Stato vittima del terrorismo e la nostra popolazione lo ha sofferto sulla propria pelle, al prezzo di 3478 vittime e 2099 persone rimaste con disabilità, per azioni commesse dal governo degli Stati Uniti o perpetrate e organizzate dal territorio di questo paese con la tolleranza delle autorità ufficiali. Noi cubani ripudiamo ogni manovra diretta a manipolare un tema così sensibile, per grossolani propositi di opportunismo politico».
Una decisione, quella degli USA, che appare ancora più arbitraria e infondata se si pensa che, soprattutto oggi nel pieno della pandemia, Cuba non esporta bombe, ma medici, infermieri e svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo di vaccini che saranno vitali nella lotta alla pandemia nei paesi a basso reddito.