Nuovi sviluppi in India, paese che da mesi vede una massiccia mobilitazione contadina ed operaia contro le leggi anti-contadine promosse dal governo. Il 12 gennaio, dopo quasi due mesi di scioperi, la Corte Suprema dell’India ha deciso di fermare temporaneamente l’implementazione delle 3 leggi agrarie che sono al centro della protesta.
All’apparenza sembrerebbe un primo cedimento da parte delle istituzioni, dopo mesi di inflessibilità mostrata dal governo indiano, ma è ben lontano dall’essere una vittoria. Le organizzazioni di massa dei contadini, i sindacati dei lavoratori e i comunisti hanno da subito messo in guardia sulle reali intenzioni del governo: “L’intervento della Corte Suprema è legato alla creazione di una “commissione di esperti” che avrà il ruolo di presentare un resoconto [sulla questione delle leggi agrarie] nel giro di due mesi”, si legge nelle dichiarazioni del Partito Comunista dell’India (marxista). “I rappresentanti dei contadini hanno già rifiutato in passato questa opzione […] Inoltre i 4 esperti di questa commissione, nominati dalla corte, si sono già tutti espressi in passato a favore delle riforme”, così come “i due rappresentanti dei contadini nominati dalla Corte sono a favore delle riforme. La Corte non si è preoccupata di chiedere alle organizzazioni dei contadini di scegliere chi li avrebbe dovuti rappresentare nella commissione. Il resoconto a cui questa commissione arriverà tra due mesi è già scritto”.
La stessa sentenza della Corte Suprema ha espresso chiaramente il reale obiettivo di questa mossa, affermando la speranza che il provvedimento venga “percepito, al momento, come un successo delle proteste ed incoraggerà così le organizzazioni dei contadini a convincere i propri membri a ritornare ai propri campi, alle proprie vite ordinarie”. Non è difficile comprendere perché la misura sia osteggiata dalle organizzazioni contadine e operaie, che ribadiscono la propria determinazione nel continuare la lotta fino all’abrogazione delle leggi agrarie.
Tra le dichiarazioni diffuse dai comunisti indiani spicca quella di Brinda Karat, storica dirigente comunista indiana e oggi membro dell’Ufficio Politico del CPI(m), che ha rincarato la dose: “Un comitato che dovrebbe portare fiducia ai contadini, ma non ha nemmeno un membro le cui visioni non siano state diametralmente opposte alle preoccupazioni espresse dagli agricoltori. Questi sono i sostenitori delle politiche promosse dal governo e combattute dai contadini. Chi ha suggerito i loro nomi alla corte? La corte non ha condotto un’indagine indipendente sulla loro adeguatezza? Non c’è alcuna sottigliezza qui, nemmeno una foglia di fico per simulare la neutralità, visto che le loro opinioni sulle questioni contadine sono chiare. Saranno i contadini, e loro soltanto a decidere le prossime mosse. Meritano il nostro pieno supporto e solidarietà. Ma dobbiamo essere chiari sulla sentenza della Corte Suprema e chi ne beneficerà realmente”.