di Giorgio Pica
Si riaccendono in tutta la Francia le mobilitazioni contro la cosiddetta “legge sulla sicurezza globale”, approvata in prima lettura dall’Assemblea nazionale francese a fine novembre, che al controverso articolo 24 prevede la detenzione fino a un anno di carcere e multe fino a 45mila euro per chi riprende, fotografa o diffonde in qualsiasi modo immagini della polizia in servizio. “La neve, i gas e le cariche della polizia, la censura dei media, il clima deleterio (meteo e politico) non avranno la meglio sulla nostra determinazione[…]. Migliaia di manifestanti hanno marciato sabato 16 gennaio in più di 80 città per le libertà e per dire #StopLoiSécuritéGlobale”, così riporta Unité CGT, media indipendente legato ai settori più conflittuali della CGT, tra i principali sindacati francesi, a proposito della mobilitazione lanciata lo scorso sabato dal “Coordinamento Contro la Legge sulla Sicurezza Globale”, che ha già indetto un’altra data di mobilitazione nazionale a Parigi per il 30 gennaio.
La legge, che a marzo andrà in votazione al Senato, ha sin da subito provocato una forte indignazione in tutto il paese, dando luogo a un’ondata di mobilitazioni che negli ultimi due mesi ha invaso le piazze francesi con centinaia di migliaia di manifestanti. Critiche alla legge sono arrivate addirittura da Amnesty International e dall’Alto commissario per i diritti umani dell’ONU Michelle Bachelet, oltre che da numerose associazioni di categoria dei giornalisti. La prima mobilitazione avvenuta il 17 novembre è stata seguita da cortei sempre più partecipati, anche a seguito della diffusione del video che riprende la brutale aggressione, corredata da insulti razzisti, del produttore francese Michel Zecler da parte di quattro poliziotti.
La risposta del governo Macron è stata una violenta repressione delle manifestazioni. Ad esempio il 12 dicembre, nella sola città di Parigi, il bilancio drammatico è stato di centinaia di feriti e quasi 150 arresti, la maggior parte dei quali completamente arbitrari come denunciato da varie associazioni e sindacati . La timida promessa del governo di riscrivere l’articolo 24 non ha fermato le proteste, che sono ricominciate sabato scorso, e con esse la repressione poliziesca che ha portato a quasi 100 nuovi arresti. Non è infatti solamente l’articolo 24 a essere contestato ma l’intera legge, che di fatto amplia gli strumenti repressivi in mano alle forze dell’ordine, soprattutto nei contesti di piazza, con l’incremento dell’utilizzo di telecamere di sicurezza e droni per le riprese. “Lo Stato mostra sempre di più il suo vero volto!” – si legge su un comunicato dei Giovani Comunisti di Lione – “Lungi dall’essere il garante della democrazia, lungi dall’essere l’emanazione istituzionale, in realtà è solo lo strumento burocratico e repressivo del potere borghese!”
La legge di sicurezza globale non è infatti un provvedimento isolato ma si colloca in un contesto più ampio di crescita della repressione e in una più generale deriva autoritaria e reazionaria dello stato francese in tutti gli ambiti, che si è particolarmente intensificata con il governo Macron che sempre più si appoggia sui settori più aggressivi della borghesia francese: dall’ambito culturale e scolastico con nuove riforme sull’istruzione e nuovi programmi scolastici revisionisti, a quello sociale con licenziamenti di massa e l’incremento della violenza poliziesca. Nella giornata di oggi, 20 gennaio, è prevista in Francia la mobilitazione nazionale degli studenti. È quindi in questo contesto che si inserisce la legge di sicurezza globale, che rappresenta un ulteriore passo in questa direzione, di fatto legittimando giuridicamente una situazione esistente da anni.