La Giornata Internazionale della Donna ricorre nella maggior parte dei paesi del mondo nella data dell’8 marzo. Non si tratta certamente di un giorno casuale: si tratta della data scelta storicamente dai movimenti di lotta per l’emancipazione della donna, che puntavano non tanto a “festeggiare” quanto a rinnovare l’impegno per abolire tutte le discriminazioni ancora esistenti.
La rilevanza del movimento operaio
La questione dei diritti delle donne inizia a emergere nel XIX secolo, prima all’interno del movimento abolizionista negli Stati Uniti e poi all’interno del movimento socialista. Negli USA la “prima ondata” del femminismo si concretizzò nella lotta per il diritto di voto e per l’estensione della piena cittadinanza, focalizzandosi specialmente sulle libertà economiche. La Declarations of Rights and Sentiments, resa pubblica a Seneca Falls nel luglio 1848, mutuava infatti l’impostazione ideologica della Dichiarazione d’Indipendenza degli USA.
Se da una parte c’era questo movimento di natura liberale e borghese, dall’altra alla fine dell’Ottocento iniziò ad esserci un grande interessamento da parte della Seconda Internazionale. Nel VII Congresso (Stoccarda, 18-24 agosto 1907) i partiti socialisti e socialdemocratici – come si chiamavano allora i partiti marxisti – riconobbero come prioritaria la lotta per il diritto di voto alle donne. Pochi giorni dopo venne fondata la Conferenza internazionale delle Donne Socialiste, forte del contributo di Clara Zetkin, Rosa Luxemburg e Aleksandra Kollontaj.
Negli Stati Uniti, nonostante la maggiore tendenza a collaborare con il femminismo borghese, fu sempre il Partito Socialista a emergere come capofila della lotta delle donne. Il 3 maggio 1908 la rivista The Socialist Woman organizzò una conferenza – ribattezzata poi Women’s Day – sulla condizione delle donne in fabbrica, sull’organizzazione della lotta per la parità salariale, il diritto di voto e la fine delle discriminazioni sessuali. La prima ufficiale “giornata della donna” venne organizzata dal Partito Socialista il 23 febbraio 1909, inaugurando una tradizione che le lavoratrici portarono avanti anche negli anni successivi, nonostante la dura repressione statale e federale.
Nel 1910 la Conferenza internazionale delle donne socialiste stabilì di istituire una giornata di lotta per le condizioni delle donne. Se negli USA tale giornata continuò a essere alla fine di febbraio, le socialiste scelsero la data del 19 febbraio 1911, in memoria della lotta delle donne prussiane per il diritto di voto nel 1848. In Francia si scelse di unire questa data a quella per l’anniversario dell’istituzione della Comune di Parigi. Nell’Impero russo la prima celebrazione fu nel 1913, per iniziativa del Partito Bolscevico, e vide la dura repressione da parte della polizia zarista. La data dell’8 marzo entra in scena nel 1914, con manifestazioni per il voto alle donne da parte delle socialiste tedesche e delle suffragette inglesi.
L’evento più famoso e rilevante rimane quello russo. L’8 marzo 1917 – 23 febbraio per il calendario giuliano – prese vita lo sciopero delle operaie di Pietrogrado in occasione della Giornata Internazionale delle Donna, promossa dalle bolsceviche. Lo sciopero delle donne si tramutò presto in uno sciopero generale, dietro lo slogan di “pane, pace, libertà” promosso dai comitati bolscevichi. Iniziava, così, la Rivoluzione di Febbraio. Quella giornata di lotta venne scelta dal nascente movimento comunista per avere una data unica in tutti i paesi. Nel 1921, infatti, la Conferenza Internazionale delle Donne Comuniste stabilì che l’8 marzo sarebbe stato la “Giornata internazionale dell’operaia”. Nel 1936, l’8 marzo fu occasione di una grande manifestazione delle donne lavoratrici a Madrid – con alla testa la comunista Dolores Ibarruri – in sostegno al Fronte Popolare e alla Repubblica spagnola.
Le “leggende metropolitane” della guerra fredda
La caratterizzazione politica della Giornata Internazionale della Donna non era compatibile con il clima della guerra fredda. In quel contesto serviva un’alternativa da contrapporre alla forte e radicata tradizione del movimento socialista – e poi comunista – di lotta per l’emancipazione della donna. Il femminismo borghese della “prima ondata” non era paragonabile a quanto fatto dalle donne socialiste e comuniste. In un clima di grande mobilitazione e di protagonismo delle masse lavoratrici, ai paesi capitalisti serviva per la Giornata della Donna una tradizione diversa da quella del movimento comunista.
Vediamo quindi nascere delle vere e proprie “leggende metropolitane”, sposate anche dai grandi sindacati americani e progressivamente diffusesi in Europa. La più nota è la ricorrenza della morte di centinaia di operaie nella fabbrica Cotton di New York nel 1908. Se di questo fatto non c’è alcun riscontro storico, è realmente accaduto un fatto analogo, l’incendio della newyorkese Triangles. Il 25 marzo 1911 nel rogo della fabbrica morirono 123 operaie e 23 operai. Questo evento portò a una serie di lotte sindacali per migliori condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro, ma non c’è alcun collegamento diretto con la Giornata della Donna. Ormai numerosi studi – come quelli della storica e femminista statunitense Temma Kaplan – hanno ampiamente dimostrato come la narrazione sulla fabbrica Cotton sia totalmente infondata. Allo stesso modo, la sociologa Liliane Kandel e la storica Françoise Picq – entrambe parte del movimento femminista francese – hanno dimostrato l’infondatezza storica della narrazione che si rifaceva a una manifestazione di operaie tessili repressa duramente dalla polizia a New York nel 1857.
La Giornata della Donna in Italia
La Giornata della Donna in Italia si inserisce nella storia del movimento operaio. Il 23 febbraio 1917 le socialiste di Torino manifestarono contro la guerra imperialista, rivendicando cibo, pace e diritti per la classe operaia. Proprio con la Prima guerra mondiale – che costrinse centinaia di migliaia di giovani operai e contadini a lasciare i propri luoghi di lavoro e le proprie case per essere mandati al fronte – la manodopera femminile aumentò in settori dell’industria fino ad allora tradizionalmente maschili. Come conseguenza, un numero sempre maggiore di donne si iscrisse a un sindacato e al PSI.
La prima Giornata Internazionale della Donna celebrata a livello nazionale fu il 12 marzo 1922, per iniziativa del Partito Comunista d’Italia in linea con quanto stabilito dalla Conferenza internazionale delle donne comuniste. L’8 marzo 1945 – nelle zone già liberate – vennero organizzate iniziative per la Giornata della Donna dall’Unione delle Donne Italiane. L’UDI era stata fondata dalle militanti dei partiti di sinistra, forti dell’esperienza dei Gruppi di Difesa della Donna organizzati dal PCI nel contesto della Resistenza. L’8 marzo 1946 la Giornata della Donna venne celebrata per la prima volta a livello nazionale dopo la Liberazione. In quell’occasione comparve la mimosa, scelta dalle comuniste Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei perché fioriva in quel periodo dell’anno ed era un fiore largamente presente nelle campagne italiane. Negli anni Cinquanta, manifestare per la Giornata della Donna, distribuire la mimosa e il giornale Noi donne, organo ufficiale dell’UDI, venivano considerati atti contro l’ordine pubblico. Nel 1959 la maggioranza a trazione democristiana si oppose alla proposta di riconoscimento per legge della ricorrenza, presentata dalla deputata comunista Balboni e dalle socialiste Palumbo e Nenni.
L’8 marzo tra tradizione e nuove prospettive
La Giornata Internazionale della Donna si inserisce in un’importante tradizione di lotta delle donne lavoratrici. Il movimento operaio fu l’ambiente in cui migliaia di donne si organizzarono per la propria emancipazione, all’interno della lotta per la costruzione del socialismo. La storia del movimento operaio e del movimento comunista pone, quindi, questioni fondamentali per chi oggi vuole contribuire al processo di ricostruzione comunista. La lotta per la fine di tutte le discriminazioni di genere, per l’uguaglianza sostanziale, è parte fondamentale della lotta per la costruzione di una società diversa, fondata sul potere della classe lavoratrice, in cui sia abolito lo sfruttamento. Significa lottare per la demolizione dei fenomeni e dei processi culturali e ideologici prodotti dal capitalismo, che hanno generato disparità e discriminazioni. Significa farlo in primis tra le fila della nostra classe, affinché essa sia il primo luogo in cui fioriscano i presupposti della società che intendiamo costruire, per cui lottiamo ogni giorno. Non c’è più spazio per scorciatoie e semplificazioni.