di Pietro Mazzucco
In questi giorni il Governo ha deciso un nuovo criterio per la chiusura delle scuole, da ora in poi gli studenti rimarranno a casa se i contagi sono superiori ai 250 ogni 100 mila abitanti, anche se in zona gialla o arancione. Sono 6 milioni gli studenti coinvolti da questo nuovo provvedimento che costringe di tornare alla didattica a distanza (Dad) e questi potranno diventare nei prossimi giorni 7,6 milioni (90,1% del totale) comprendendo le scuole elementari e dell’infanzia[1]. Il nuovo ministro all’istruzione Patrizio Bianchi, successore dell’Azzolina, si è già speso per presentare questa ennesima chiusura come necessaria di fronte alla fase emergenziale ma ha anche aggiunto «La Dad resterà anche dopo la pandemia. È un patrimonio che non va disperso». Una dichiarazione del ministro tecnico, già sostenitore della Buona Scuola e del rapporto tra scuole-aziende, che fa ben capire che direzione vuole intraprendere il nuovo Governo Draghi per il futuro degli studenti.
Non è un mistero che nelle scuole e sui mezzi pubblici ci si contagi: al 31 ottobre si contavano quasi 65.000 contagi tra studenti e personale scolastico[2] e negli ultimi mesi i contagi tra i banchi sono cresciuti ancora visto l’aumento generale dei casi e l’assoluta mancanza di interventi volti a mettere in sicurezza le scuole. Gli istituti scolastici però in questi mesi sono stati raccontati alternativamente come luoghi assolutamente sicuri o come focolai. A settembre, quando l’Azzolina e tutto il governo Conte bis avevano messo in piedi una roboante propaganda attorno al rientro a scuola, presentato come un importante momento di ripartenza del paese, avevano parlato di scuole assolutamente sicure. Sono poi stati tristemente smentiti dai dati e dalla chiusura dopo poche settimane. Ora però, che la curva dei contagi si rialza come ad ottobre, la Confindustria trema all’idea di nuove chiusure. È chiara la volontà di questo governo, come del precedente, di tutelare i profitti dei padroni e per questo bisogna scongiurare la chiusura dei grandi centri di produzione e dei magazzini chiudendo tutto il resto, la scuola in primis. Ecco che le scuole diventano improvvisamente non più sicure. Per questo, nonostante i contagi siano oggettivi, farli emergere con così tanta visibilità e solo ora è una scelta politica, senza prevedere nessuna misura per garantire un rientro in sicurezza ma ripetendo quanto già fatto negli ultimi mesi.
Il governo Draghi quindi sceglie la continuità con il precedente esecutivo: al posto di trovare una soluzione definitiva per garantire il diritto allo studio si sceglie di proseguire con la politica dell’apri e chiudi. Il tutto viene presentato come una misura necessaria di fronte ad una fase emergenziale. Ma ad un anno dalla prima chiusura si può ancora parlare di emergenza? In questi mesi si sarebbero potute mettere in campo tutte quelle misure strutturali che, oltre a rendere sicure le scuole, avrebbero tutelato la didattica di milioni di studenti. Quelle stesse misure che gli studenti hanno richiesto a gran voce negli ultimi mesi scendendo in piazza a settembre e il 29 gennaio con i lavoratori in sciopero.
Il governo si è trovato di fronte ad una scelta: investire sull’edilizia scolastica, sul trasporto pubblico, sulle assunzioni di personale scolastico in maniera strutturale per tutelare la formazione di milioni di studenti con un rientro sicuro a scuola (ben oltre le impellenze della fase pandemica) oppure continuare a raccontarsi la storiella dell’imprevedibilità dei contagi e dell’emergenza, aprendo e chiudendo continuamente, sacrificando il diritto allo studio per giovani e bambini dai 3 ai 20 anni.
Il ritorno in Dad significa una nuova violazione del diritto allo studio generalizzato per milioni di studenti, in quanto in questa forma di didattica non vengono garantiti diritti basilari. Inoltre, al netto di politiche spot, il Governo non si è mai occupato di fornire agli studenti gli strumenti necessari per accedere alle lezioni online. Sempre più studenti e studentesse delle classi popolari si trovano impossibilitati a seguire le lezioni per mancanza di devices, connessione o spazi, a dover essere valutati in condizioni al limite, privati di diritti basilari come quello di riunirsi in assemblea, senza la possibilità di un confronto reale con i propri compagni di classe e con i docenti.
Il nuovo ministro Bianchi è riuscito a definire la Dad come un “arricchimento per la nuova scuola”. Inutile dire che per tutte quelle famiglie che già facevano difficoltà a pagare libri, contributi scolastici e abbonamenti con questa crisi economica non ci sarà nessun arricchimento. Come già succede oggi con la Dad sempre più giovani saranno esclusi da un sistema scolastico pubblico ma troppo costoso. L’arricchimento oggi c’è per i colossi del settore informatico che vendono al Ministero dell’Istruzione pacchetti di software per milioni di euro. E l’arricchimento ci sarà per tutte quelle aziende che riusciranno ad entrare con ancora più forza nelle scuole grazie ai progetti di “integrazione scuola lavoro” di Bianchi, si tratta di alternanza scuola lavoro, finanziamenti privati ai singoli istituti, appiattimento dei programmi sugli interessi delle aziende…Tutte quelle misure in materia di asservimento della formazione pubblica agli interessi dei padroni che, sotto indicazioni dell’Unione Europea, i vari governi di centro destra e centro sinistra hanno portato avanti uniti negli ultimi 30 anni.
Non ci può essere nessuna illusione quindi rispetto ad un governo che da subito si è presentato come tutore degli interessi delle aziende e che sulla scuola continua l’operato di apertura e chiusura del precedente. Nessuna misura strutturale perché i miliardi servono per le aziende, le classi pollaio restano, i pullman affollati anche e si aspetta che la pandemia finisca in didattica a distanza, pazienza se milioni di studenti perderanno quasi due anni di scuola.
Note:
1: https://www.tuttoscuola.com/scuole-chiuse-da-8-marzo-dad/