di Giovanni Ragusa
«Io odio. Dentro di me c’è solo voglia di distruggere, le mie sono pulsioni nichiliste. Per la società, per il sistema, sono un violento, ma ti assicuro che per indole sono una persona tendenzialmente tranquilla, la mia violenza è un centesimo rispetto alla violenza quotidiana che subisco, che subisci tu o gli altri miliardi di persone su questo pianeta.»
Queste parole sono il retro di copertina di un’opera del 2015 dal titolo Io non sono come voi, un romanzo dell’autore torinese Marco Bolognino, in arte Boba, classe ‘68 che ha un passato (ed un presente) di militanza politica attiva. Proprio per la sua militanza, Boba il 1° Aprile si è visto notificare dalla questura del capoluogo piemontese una richiesta di sorveglianza speciale. Fra i fatti utilizzati per giustificare tale provvedimento vi è la condanna ricevuta per aver utilizzato un razzo nautico durante una protesta sotto il carcere “Lorusso e Cotugno” (le Vallette) per l’arresto di alcuni anarchici durante lo sgombero dell’Asilo Occupato. Il razzo finì sopra il tetto del carcere provocando un incendio subito domato.
La “sorveglianza speciale” che gli viene assegnata arriva, però, come risultato di un “comportamento generale” di Boba, che deve essere tenuto sotto controllo per la sua “pericolosità sociale”, utilizzando – cosa non nuova nella scena torinese – un provvedimento introdotto sotto il fascismo. . Già di per sé, questo sarebbe un qualcosa di molto grave, vista la limitazione alla libertà d’azione di Bolognino, che si vedrà costretto a rispettare tutta una serie di divieti che incideranno profondamente sulla sua quotidianità. Parliamo di misure che riguardano la revoca del passaporto e della patente di guida, l’impossibilità di ottenere qualsiasi licenza di qualsiasi tipo o esercitare qualsiasi attività economica, se non lavori autonomi che non prevedano l’iscrizione ad alcun tipo di albo, oltre al divieto di frequentare luoghi come pub e ristoranti e, soprattutto, il divieto a partecipare a pubbliche riunioni di alcun tipo. A questo provvedimento gravissimo, però, si aggiunge una discriminante fondamentale, che peggiora ulteriormente il dato della condanna.
Tra le prove che Questura e Procura di Torino portano a sostegno della richiesta di sorveglianza speciale, infatti, figura proprio l’opera di Bolognino sopra citata: a denunciare la cosa è la sua stessa casa editrice, Eris Edizioni, in un significativo post su Facebook. Gli editori segnalano con grande preoccupazione il fatto che un’opera di fantasia, pienamente frutto della creatività di un autore, venga usata come aggravante per legittimare una simile misura repressiva, e scrivono: “Ecco, a noi sembra davvero pericoloso che una finzione possa diventare una prova, che il dialogo di un personaggio di un romanzo possa diventare una prova, che le opinioni o le azioni di un personaggio di finzione possano diventare una prova, che una frase scelta dall’editore, per promuovere al meglio un libro, possa diventare un aggravante e che una questura o una procura si possano occupare di una materia che dovrebbe restare appannaggio di chi fa critica letteraria.” Quello di cui si parla qui è dunque un vero e proprio reato di espressione, che punisce un uomo per la sua militanza “in generale”, ma che ne criminalizza ulteriormente l’operato per via delle opinioni che egli fa emergere in un suo scritto.
Un caso, questo, che rivela un’indicibile gravità poichè rivela l’intenzione dello Stato italiano di evitare persino che vengano immaginate possibilità alternative allo status quo vigente, in barba ai proclami sulla “democratica Europa” e ad anni di retorica volta a convincerci di vivere nel migliore dei mondi possibili. Quella di Bolognino è una condanna che coinvolge la gioventù tutta, poiché nel suo testo ha rielaborato le contraddizioni tipiche che un giovane affronta nella società odierna, costretto a vivere nella tensione continua tra un’illusione fatta di infinite opportunità per la realizzazione sociale, ed una realtà che invece taglia brutalmente le gambe a chi non ha i mezzi per emergere, piombando in quel sentimento di radicale impotenza che purtroppo colpisce molti giovani oggi.
La vicenda è ancora più grave se pensiamo alla propaganda in pompa magna che ha accompagnato l’abolizione della censura cinematografica, ad opera del Ministro della cultura Dario Franceschini. Sarebbe interessante sapere cosa pensa il ministro dell’accaduto, dato che ha dichiarato fieramente che, con il suo intervento, si può dire “definitivamente superato quel sistema di controlli e interventi che consentiva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà degli artisti”. Marco Bolognino e la Eris Edizioni, probabilmente, avranno qualcosa da ridire.