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Quando bocciature e valutazioni penalizzano gli studenti

a cura della commissione scuola del FGC

Nelle regioni che hanno avuto una colorazione diversa da quella rossa negli ultimi giorni è avvenuto il graduale rientro in classe per gli studenti e le studentesse. È doveroso ribadire graduale poiché la ripresa didattica che era stata annunciata come cavallo di battaglia del nuovo ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi si è poi materialmente concretizzata in quasi due mesi di chiusure e un sistema didattico misto tra scuola in presenza e la fallimentare DAD, senza nessuna discontinuità dal precedente Governo Conte II. Ad accogliere gli studenti che rientrano nei plessi scolastici però non è un recupero delle difficoltà sviluppate a causa della situazione scolastica e una serio aiuto a coloro che sono rimasti indietro, bensì un contesto di forte penalizzazione per gli studenti delle classi popolari a cui unica risposta delle istituzioni scolastiche, dal ministero ai presidi, è quella di incrementare il ritmo delle valutazioni degli studenti. Da una parte il ministro Bianchi ha deciso di aprire alle bocciature per quest’anno scolastico, una scelta significativa della volontà di rendere strutturale la didattica a distanza e del negare i duri colpi inflitti al diritto allo studio in questo periodo di pandemia. Dall’altra parte i presidi impongono ai professori una dura battaglia a chi copia le verifiche -come se fosse il problema centrale della scuola in questo momento- con la conseguenza di una violazione quotidiana dei diritti degli studenti, che passa delle interrogazioni bendate -come è successo in una scuola di Verona – fino alle verifiche a crocette da pochi minuti, tutt’altro che metodi educativi e che valorizzano l’apprendimento. Se da un lato l’accesso alla Dad resta ancora una questione prettamente di classe (secondo dati istat il 46% di studenti in difficoltà con i mezzi informatici e circa 1 milione di loro si trovano in povertà assoluta con una emarginazione quasi totale da essa) con la parziale apertura delle scuole si sviluppa un nuovo fenomeno preoccupante, i presidi impongono di svolgere le verifiche tutte in presenza con il risultato di un sovraccarico di impegni scolastici nei periodi in presenza. Questa corsa alle valutazioni, sostenuta dal ministero dell’Istruzione con l’apertura alle bocciature, trasforma i voti scolastici in una dinamica punitiva e non tanto di valorizzazione dell’apprendimento proprio in un momento in cui gli studenti avrebbero bisogno di recuperare le carenze accumulate durante l’ultimo anno e non di essere penalizzati ulteriormente.

Questo modello didattico che ci viene imposto accentua il carattere di classe dell’istruzione e la dequalificazione della scuola pubblica, prevale l’apprendimento nozionistico, dove il concetto viene assimilato a memoria, ripetuto in verifica con pochi ragionamenti e dimenticato il giorno dopo, ma che porta ad aumentare la famosa media numerica per “formare” soggetti abili al dovere ma non al ragionamento critico. A ragion del vero è importante ricordare come la responsabilità di ciò non deriva dai professori che nella maggior parte dei casi seguono le indicazioni delle dirigenze scolastiche che dalle riforme all’istruzione Berlinguer e della Buona Scuola di Renzi sono diventati dei veri e propri manager. Il problema non nasce neanche nella valutazione in sé, che dovrebbe essere uno strumento per fornire un feedback allo studente in forma numerica, ma nasce dal momento in cui lo strumento della valutazione diventa l’obiettivo finale del sistema scolastico. In un momento così drammatico in cui l’abbandono scolastico è aumentato notevolmente (e rischia di aumentare nel prossimo periodo) si dovrebbero colmare la gravi carenze accumulate nei percorsi didattici con corsi di formazione, sostegno centralizzato agli insegnanti, corsi di formazione per i docenti, aumento delle cattedre. Ma la risposta è proprio l’opposto. Il responsabile del fallimento scolastico non è il ministero dell’istruzione che nulla ha fatto per il diritto allo studio e la qualità della didattica, ma secondo questi signori i responsabili sono i singoli studenti che copiano o che non studiano. Si vuole negare la responsabilità politica scaricando le colpe su chi sta già pagando il prezzo del fallimento della dad. In quest’ottica la corsa alle valutazioni serve unicamente per accertare le lacune e non per valorizzare l’apprendimento, l’unico risultato possibile è un aumento ulteriore dell’abbandono scolastico.

In conclusione avere tre o quattro verifiche al giorno non è normale, anche se i presidi sostengono il contrario. Non è neanche normale essere interrogati bendati. In merito alle valutazioni lo Statuto delle studentesse e degli studenti dice: “I dirigenti scolastici e i docenti, con le modalità previste dal regolamento di istituto, attivano con gli studenti un dialogo costruttivo sulle scelte di loro competenza in tema di programmazione e definizione degli obiettivi didattici, di organizzazione della scuola, di criteri di valutazione, di scelta dei libri e del materiale didattico.” Non è di certo una grande tutela ma comunque dovrebbe bastare per almeno permettere a un’assemblea di classe di imporsi nel determinare un calendario minimo di valutazioni o a dei rappresentanti d’Istituto di concordare nel regolamento d’istituto un limite di interrogazioni e verifiche. Ma dall’altra parte la questione delle valutazioni non può essere risolta con singole battaglie di singole classi che possono essere importanti per tutelare un ristretto nucleo di persone. La questione della valutazioni è un tema di carattere nazionale che è sintomo di scelte politiche ben determinate.

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