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La questione NO TAV oltre San Didero

di Ivan Boine

La questione NoTAV è tornata all’ordine del giorno per i fatti di San Didero, in Val di Susa. Nella notte fra il 12 e il 13 aprile le forze dell’ordine avevano proceduto allo sgombero del presidio NoTAV, nel sito dell’ex autoporto. L’operazione di polizia è terminata ieri sera, con gli ultimi militanti del movimento che sono scesi dal tetto dell’ex autoporto, dopo aver resistito per una settimana con acqua e viveri scarsi. L’obiettivo dello sgombero è permettere la costruzione di una zona militarizzata che protegga i lavori per la realizzazione del nuovo autoporto, opera collegata alla linea della Torino-Lione.

La resistenza del movimento NoTAV è proseguita in maniera incessante nei giorni seguenti. Sabato 4000 persone hanno manifestato fra i comuni di Bruzolo e San Didero. Nella notte fra il 17 e il 18 una militante NoTAV, Giovanna, è stata gravemente ferita da un lacrimogeno che l’ha colpita in pieno volto: emorragia cerebrale e frattura orbitale dell’occhio destro. Mentre la Questura di Torino prova ad arrampicarsi sugli specchi – le ferite sarebbero dovute a una caduta secondo quest’ultima – già nei giorni scorsi il movimento aveva denunciato come le forze dell’ordine sparassero lacrimogeni ad altezza d’uomo. A dimostrazione di quanto questa difesa messa in circolazione sia falsa, ieri è uscito un video che mostra un carabiniere affermare di aver centrato la faccia di due persone con i lacrimogeni. Nota a margine: i lacrimogeni in questione contengono gas CS, vietato in guerre internazionali dal 1997 in seguito all’applicazione della convenzione sulle armi chimiche di Parigi del 1993. La legislazione italiana lo considera un’arma non letale, motivo per cui continua a essere in dotazione alle forze dell’ordine. Nell’attuale clima di repressione, gli agenti non si sono dispensati da farne uso, sparandone anche all’interno di cortili e abitazioni private dei paesi valsusini coinvolti.

Il progetto del nuovo autoporto di San Didero non è condiviso neanche dall’Unione Montana Valle Susa e dai sindaci dei comuni direttamente coinvolti (San Didero e Bruzolo), che ne contestano anche l’utilità, dal momento che è funzionante e operativo quello di Susa. Inoltre, già nel 2020 il movimento NoTAV sottolineava i pericoli ambientali dell’apertura del nuovo cantiere.

La questione della linea Torino-Lione, però, non è riducibile all’autoporto di San Didero. Nel 2019 l’analisi costi-benefici condotta dal Ministero dei Trasporti bocciava l’Alta velocità, stimando una perdita di circa 7-8 miliardi. Il famoso Corridoio 5 Lisbona-Kiev da anni ormai è ritenuto un miraggio. Dopo lo scoppio della guerra nel Donbass, tale progetto è stato rimpiazzato dal Corridoio Mediterraneo, dal porto spagnolo di Algeciras alla città ungherese di Székesfehérvár, sul confine con l’Ucraina. Anche su tale progetto i dubbi sono rimasti enormi: fra gli ultimi, quello del sindaco di Lione, Grégory Doucet (Europe Écologie Les Verts), che nel luglio 2020 disse che il Tav Torino-Lione era da fermare.

Il sostegno di Confindustria alla grande opera ha portato negli anni tutti i maggiori partiti a sostenerla ferocemente, con la sola “eccezione” dei Cinque Stelle che operano dando un colpo al cerchio e uno alla botte da anni. Negli ultimi anni fra i maggiori promotori dell’opera si è schierato l’asse USA-UE-NATO, impegnato dalla fine di marzo nell’esercitazione Defender Europe 2021 (DE21), che interessa 27 paesi dal Mar Baltico al Nord Africa e vede il dispiegamento di 28.000 soldati. La TAV rientra tra quelle opere infrastrutturali strategiche per lo spostamento rapido di truppe verso l’Europa orientale – in un contesto di forti tensioni con la Russia – e di mobilitazione veloce delle truppe/risorse statunitensi presenti in Italia.

La lotta contro il TAV assume quindi una dimensione centrale. Non la si può ridurre a “battaglia territoriale” per la difesa dell’ambiente, cosa che non farebbe venir meno la sua giustezza. Non la si può tacciare di essere una “lotta contro il progresso”: l’analisi costi-benefici parla da sé, la Torino-Lione è un’opera che giova solamente alle imprese costruttrici, se si volesse favorire il trasporto di merci si potrebbe potenziare la linea transfrontaliera già esistente e sottoutilizzata. I NoTAV non lottano contro un’opera che porta occupazione: si può creare occupazione costruendo ospedali, presidi sanitari, scuole, mense universitarie, centri sportivi e ricreativi. Siamo sicuro che nemmeno un militante NoTAV si opporrebbe a tali opere. L’Alta velocità è costruita per i profitti della Confindustria, per l’importanza strategica di garantire rapidi spostamenti di armi e risorse utili ai piani dell’imperialismo italiano, europeo e occidentale.

Nell’attuale contesto di crisi economica, di fronte all’attacco padronale per mezzo dei governi e dell’UE, diventa necessario inquadrare la lotta NoTAV in un contesto più ampio. Negli ultimi mesi diverse vertenze sui luoghi di lavoro hanno dimostrato che l’unico strumento vincente da opporre all’attacco dei padroni è la lotta organizzata della classe lavoratrice. Man mano sta diventando più forte il coordinamento fra queste realtà, per dare una risposta compatta delle forze sindacali e politiche che si oppongono al capitalismo. La lotta contro l’Alta velocità si deve inserire in questo contesto, perché essa è una lotta contro i padroni e il loro modello di progresso, contro quei padroni che vogliono far pagare l’attuale crisi a chi lavora. Solo all’interno del processo per la creazione di un fronte unico di classe che si opponga alla compattezza dei padroni e dei loro partiti attorno alla Confindustria, la lotta NoTAV potrà assumere più forza per fermare lo sfruttamento umano e ambientale in nome del profitto di quei padroni che da trent’anni devastano la Valsusa.

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