Abbiamo intervistato M., bracciante immigrato del foggiano, e C., della rete “Campagne in Lotta”. Ci hanno parlato della situazione dei braccianti agricoli in Puglia.
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Come stanno vivendo la pandemia a Borgo Mezzanone e come il Covid ha influito sulla vita dei braccianti e dei richiedenti asilo in generale?
M: Dal 2020 la paura del Covid ha bloccato le lotte, noi (immigrati) rispettiamo le regole come stanno facendo tutti gli altri. Noi dobbiamo rimanere qua, nonostante la situazione disastrosa. Gli italiani devono vedere che noi siamo come loro, non c’è differenza. Stiamo tutti affrontando questa pandemia e vogliamo tutti uscirne. Nel 2020 c’è stata una sanatoria ma nessuno ha avuto un buon risultato, quelli che avevano già un documento di asilo politico o umanitario hanno visto bloccarsi ogni cosa, non importa da quanto tempo. Quando chiedevi il rinnovo in questura ti dicevano che dovevi trovarti un avvocato, ma come lo trovi un avvocato se non hai un lavoro?
C: M vive in una fabbrica abbandonata autogestita dai migranti all’entrata di Foggia a dire il vero. I media parlano tanto di Borgo Mezzanone perché è il caso più famoso e più lampante ma in realtà ci sono tante situazioni simili nella provincia di Foggia, e come in tutta Italia le condizioni di vita sono molto dure. Così è a Manfredonia, Stornara, Stornarella, a Torretta Antonacci e così via, a Saluzzo e a Metaponto Sfruttamento e precarietà abitativa dominano nei distretti agroindustriali di tutta Italia così come in molti contesti urbani. In questo periodo di pandemia le restrizioni non hanno impedito ai lavoratori braccianti di spostarsi per trovare lavoro. Anzi, mentre ci dicevano di restare a casa, chi lavora in campagna e si deve spostare per le stagioni lo ha fatto, (in molti casi con il tacito consenso delle autorità) perché la manodopera serve. Con la prospettiva della sanatoria e della regolarizzazione poi, molti hanno fatto come M, si sono spostati per cercare un datore di lavoro che li mettesse in regola, per poi ritrovarsi spesso senza contratto, senza casa e in condizioni abitative e lavorative ad alto rischio di contagio, senza accesso al sistema sanitario nazionale e con la paura aumentata dei controlli e delle multe.
M come sono stati per te questi anni in Italia e come ha influito il Covid sul vostro lavoro e le vostre lotte?
M: Questi anni sono stati un disastro per me. Da quando sono uscito dal campo, senza documenti validi sono venuto qua a Foggia e sto lavorando a nero. Sai, chi ti deve fare un contratto senza documenti? Sono qua dal 2016 e solo l’anno scorso quando ho avuto finalmente un permesso di soggiorno di sei mesi un padrone al nord ha voluto farmi un contratto. Sono andato lì e ho avuto il contratto ma scaduti i sei mesi sono tornato al sud per lavorare ancora a nero. Ho provato anche ad andare a Napoli ma non è andata bene.
C: Aggiungo una cosa. In questo periodo di pandemia le restrizioni non hanno impedito ai lavoratori braccianti di spostarsi per trovare lavoro. Anzi, mentre ci dicevano di restare a casa, chi lavora in campagna e si deve spostare per le stagioni lo ha fatto, (in molti casi con il tacito consenso delle autorità) perché la manodopera serve. Con la prospettiva della sanatoria e della regolarizzazione poi, molti hanno fatto come M, si sono spostati per cercare un datore di lavoro che li mettesse in regola, per poi ritrovarsi spesso senza contratto, senza casa e in condizioni abitative e lavorative ad alto rischio di contagio, senza accesso al sistema sanitario nazionale e con la paura aumentata dei controlli e delle multe.
M: Sì certo dalle 6 fino alle 8 bisogna stare a casa. Questo è un disastro perché chi non ha un contratto non può neanche andare a lavorare. Quest’anno non ho nessun documento valido, anche se qualcuno volesse farmi un contratto come faccio senza un documento da presentare? L’unica cosa che posso fare è rimanere a casa e tanti sono nella mia situazione. Quindi noi dobbiamo lottare, dobbiamo manifestare davanti le prefetture perché noi siamo stanchi, vogliamo documenti per tutti. Il Covid è un gravissimo problema, ma ora abbiamo la cura, abbiamo il vaccino, un passo alla volta lo supereremo ma adesso noi non ce la facciamo più. Quando uno di noi vuole andare a cercare lavoro gli viene solo detto di andare a casa, ma così non possiamo vivere.
M, in questo momento con quante persone vivi nella fabbrica?
M: in questo periodo ci sono 80 persone, noi facciamo tutto insieme ovviamente e tra non molto per raccogliere gli asparagi arriveranno molte altre persone a stare qua e se qualcuno vuole stare noi non possiamo farci niente, non ci sono molti altri posti dove andare.
Durante la pandemia come sono andate le lotte dei braccianti in generale?
C: La pandemia ha sicuramente reso più difficile la presenza di solidali da fuori nelle campagne, ma le persone non hanno mai smesso di organizzarsi e protestare. Ad aprile 2020 ci sono state proteste nella tendopoli di San Ferdinando contro la Caritas che voleva distribuire cibo facendosi bella con i giornalisti e le telecamere al seguito, a giugno proteste a Saluzzo di chi era costretto a dormire in strada perchè non volevano aprire i centri per stagionali con la scusa del covid ad agosto proteste a Palazzo S Gervasio per l’apertura del dormitorio per gli stagionali, rimandata causa covid, e contro la gestione dei casi di positività nella struttura. a novembre a Rosarno c’è stata una fortissima mobilitazione contro il razzismo a seguito dell’investimento e uccisione di Gora Gassama. Altre proteste spontanee ci sono state quando la tendopoli di San Ferdinando è stata dichiarata zona rossa, chiudendo dentro positivi e negativi, in condizione igienico-sanitarie spaventose, così come quanto successo ai lavoratori della Felandina (Metaponto, in provincia di Potenza). A Borgo Mezzanone le persone si sono mobilitate quando, a dicembre, sono rimaste senza elettricità per oltre un mese perché la Prefettura si rifiutava di rifare l’allaccio. Abbiamo anche portato avanti un lavoro di analisi e di denuncia della gestione scriteriata e irresponsabile della pandemia nei ghetti, nei campi di Stato e nell’apparato di detenzione e “accoglienza”, dove le persone sono state ripetutamente chiuse dentro, segregate in un sistema di totale apartheid sanitario, e allo stesso tempo obbligate a lavorare per poter vivere, anche perché chi non ha un contratto non ha potuto nemmeno ricevere i bonus e avere accesso ad alcun tipo di tutela.
Dunque in questo anno nonostante l’impossibilità di muoverci abbiamo portato avanti un percorso di connessione tra le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici, italiane e immigrati, in tutta Italia. Ad esempio il 12 aprile ci sono stati dei presidi coordinati davanti alle prefetture e le questure di molte città italiane per chiedere documenti per tutti e per tutte e repressione per nessuno, e questo percorso sta continuando. Abbiamo una piattaforma di rivendicazioni raccolte dai lavoratori e lavoratrici immigrate di tutta Italia, tra cui: permessi di soggiorno slegati dal contratto di lavoro e dalla residenza, una nuova sanatoria generalizzata per chi non ha il permesso, la cittadinanza ai bambini nati in Italia figli di genitori stranieri, la chiusura dei CPR. L’obiettivo è lo smantellamento dell’attuale legge sull’immigrazione, una legislazione che crea sfruttamento e ricattabilità, dalle campagne alle città. Se lo sfruttamento è lo stesso ovunque anche la nostra lotta dev’essere una sola, dai magazzini dove lavorano i facchini ai ghetti e le tendopoli. Vediamo come la repressione stia colpendo duramente chi lotta per il lavoro anche con la revoca del permesso di soggiorno (vedi Piacenza). Perciò dobbiamo far sì che le lotte sul lavoro e per i documenti vadano di pari passo e si rafforzino a vicenda.
In questi giorni sono molto vivaci le discussioni su come distribuire i vaccini, ma agli immigrati irregolari chi ci pensa?
C: Le vaccinazioni per gli immigrati irregolari stanno chiaramente diventando argomento di polemica e di propaganda razzista, e comunque per ora le istituzioni evitano di pronunciarsi in merito. Anche chi ha i documenti senza la tessera sanitaria (difficile da ottenere perché presuppone l’iscrizione all’anagrafe) viene escluso dalla vaccinazione. Se da una parte la pandemia ha reso più chiara la separazione totale tra immigrati irregolari e gli italiani, gli immigrati senza documenti non hanno neanche accesso alla totalità del SSN, spesso possono accedere solo al pronto soccorso. Nei ghetti succede spesso che il personale medico discrimina gli immigrati e collabora con le forze dell’ordine e sono molti i casi di negligenza da parte dei medici nei loro confronti. Viene applicato un trattamento diverso agli immigrati anche quando dovrebbero essere assistiti urgentemente. Essendo i ghetti isolati dalla città le ambulanze così come i vigili del fuoco hanno difficoltà ad entrare e a volte non si presentano neanche alle chiamate, come è successo perfino in casi d’incendio.
Se io sono un immigrato irregolare ed ho il Covid ho il diritto come tutti di curarmi?
C: Il punto è anche che le misure di quarantena e isolamento sono state differenziate, per cui ad esempio agli immigrati è stato rifiutato l’accesso ai Covid hotel in provincia di foggia.
Parlando più in generale hai il diritto solo alle cure emergenziali, e spesso questo si riduce al pronto soccorso e ad un OKI, somministrato come rimedio a tutti i mali. Ad esempio abbiamo accompagnato l’estate scorsa un signore ghanese alla guardia medica di Cerignola per avere un tesserino STP che permette l’accesso al medico di base per chi è privo di documenti. Lui aveva bisogno di essere operato al braccio, eppure il medico di turno gli ha rilasciato un tesserino valido solo tre mesi, dopo i quali, di nuovo, ha perso l’accesso al SSN. Ciò dimostra come la lotta per l’accesso alla salute sia imprescindibile da quella per i documenti. Permesso di soggiorno, contratto di lavoro, casa e salute sono interconnessi.
In Italia è molto poco popolare la possibilità di eliminare il reato di immigrazione clandestina e questo ha delle ricadute anche sulla sinistra.
C: Molti italiani non sanno neanche che il permesso di soggiorno sia così fondamentale e che sia così difficile ottenerlo, Si pensa che sia ancora possibile venire in Italia in aereo, cercare lavoro e vivere una vita normale, ma non è così. Ad oggi sono scarsissime le possibilità di ottenere un permesso di soggiorno, per chi arriva dalla rotta mediterranea come da quella balcanica l’unica opzione e fare richiesta di asilo, che nella stragrande maggioranza dei casi viene rifiutata. Poi recentemente migliaia di persone hanno perso il permesso di soggiorno a seguito dei Decreti Sicurezza. Ora chi è irregolare non ha nessuna opportunità di regolarizzarsi. Per questo era necessaria la sanatoria, che per quanto sia stato un provvedimento fallimentare, è stato frutto della lotta dei braccianti. Adesso la situazione dei documenti è bloccata, chi ha un permesso e lo vuole rinnovare deve dimostrare un contratto di lavoro, passaporto e residenza. E chi non ce l’ha rimane irregolare, quindi ancora più sfruttabile. Questo è il caso di gran parte degli abitanti della pista di Borgo Mezzanone.
Sul territorio di Foggia e nel resto della Puglia vi siete mai rapportati con altre realtà di lotta di lavoratori di altri settori?
C: Non molti ma una cosa molto importante da fare sarebbe quella di entrare in connessione con i lavoratori e le lavoratrici di diversi settori sul tema delle rivendicazioni salariali, sulle rivendicazioni sul lavoro, abitative, eccetera..
Ci sono tanti foggiani che per esempio hanno vissuto dentro container di Via San Severo a Foggia, in condizioni di precarietà.
Creare connessione con i lavoratori e lavoratrici in lotta in tutta italia, così come con gli studenti è un grande obiettivo, ma è stato abbastanza difficile finora, anche per il razzismo dilagante fomentato dalla politica, che non fa altro che alimentare la guerra tra poveri.
Questo non significa però che non ci siano stati tentativi di connessione tra i lavoratori e le lavoratrici in lotta, come per esempio: il blocco della Princes nel 2016, la più grande azienda della trasformazione del pomodoro nel foggiano (e in Europa), dove sono stati coinvolti dei camionisti italiani, che avevano da rivendicare dei diritti essenziali nel loro lavoro.
Quindi è importante continuare a coltivare queste connessioni. Il punto è che quando ci sono persone più ricattabili perché senza documenti, diventiamo tutti più ricattabili e sfruttabili. Al contrario quando la lotta porta dei miglioramenti nelle condizioni di alcuni, tutti ne beneficiamo. Per questo la lotta per i permessi di soggiorno e contro il razzismo deve essere anche degli italiani. Per questo ogni lotta, sul lavoro, a scuola, per la salute, dev’essere una lotta antirazzista e antisessista. Per questo anche con voi del FGC creiamo legami, tra studenti e lavoratori, precari e disoccupati.
Quindi i rapporti con i sindacati confederali sono molto più in alto mare in questo periodo, visto che non hanno dimostrato interesse nell’ascoltare e nel confrontarsi?
C: I sindacati confederali nelle campagne in questi anni non hanno mai affiancato e sostenuto le lotte autorganizzate, e anzi le hanno apertamente osteggiate salvo poi approfittare delle vittorie, intestandosele e lucrandoci sopra. Ma non solo qui, basti vedere come la CGIL si sta comportando nei confronti delle lotte dei facchini a Piacenza, alleandosi con i padroni. Anche nelle campagne i sindacati confederali (e non solo loro ma anche l’USB, come abbiamo ampiamente documentato sul nostro sito) spesso usano le lotte dei lavoratori a proprio favore, senza però raccogliere le loro istanze e lottare davvero perché le cose cambino; al contrario, traendo profitto dalla gestione e dal mantenimento della situazione così com’è e contrastando attivamente le lotte autorganizzate.
A Borgo Mezzanone ci sono stati alcuni casi di incidenti mortali come in Calabria e in altri ghetti, quali pensate che siano, se ci sono, le responsabilità politiche di quegli eventi? (responsabilità della politica nazionale e locale)
Ci sono state troppe morti nelle campagne, a partire dagli incidenti dovuti allo stato delle strade e al fatto che i lavoratori non hanno mezzi di trasporto adeguati, agli investimenti per strada dei lavoratori a piedi o in bici, a cui spessissimo si aggiunge l’omissione di soccorso. E poi ci sono gli incendi, troppi e tragici, a Borgo Mezzanone così come alla tendopoli di san ferdinando e al gran ghetto. Incendi che succedono perché le baracche vanno a fuoco per un cavo scoperto o per una stufetta elettrica che esplode, e spesso i soccorsi arrivano tardi. La responsabilità delle istituzioni è chiarissima perché ad esempio si rifiutano di finanziare (anche se ci sono i soldi per farlo) un sistema di trasporto organizzato dai lavoratori stessi, obbligandoli invece a usare mezzi di fortuna. Inoltre, dopo ogni incendio, dopo ogni morte, l’unica risposta delle istituzioni è di stampo repressivo: blocchi stradali per trovare i caporali, che spesso finiscono con l’arresto di chi per guadagnarsi da vivere porta altri al lavoro, o sgomberi e distruzione delle baracche dove vive la gente. Sicuramente non ci rivendichiamo i ghetti, nessuno ci vuole vivere, ma le alternative offerte sono sempre e solo tendopoli o container iper controllati e ad accesso limitato, che periodicamente vengono abbandonati dalle istituzioni e ri-diventano ghetti (e dove peraltro si sono comunque verificati incendi mortali oltre che omicidi e aggressioni da parte delle forze dell’ordine). Perché invece non si parla mai di case? Come se gli africani dovessero dormire solo nelle tende? Questa è una faccia del razzismo istituzionale, che va di pari passo con politiche che mantengono le persone in condizioni di irregolarità giuridica costringendole quindi a vivere in baraccopoli e simili perché senza documenti. E poi c’è l’inattività e l’indifferenza delle istituzioni di fronte ai gravissimi episodi di razzismo quotidiano che troppe volte nella provincia di Foggia come in altre è sfociato in aggressioni e omicidi ai danni degli immigrati. Come l’episodio della settimana scorsa al Gran Ghetto di Torretta Antonacci, dove hanno sparato ai lavoratori africani ferendone uno gravemente.
Ci sono minorenni di solito a Borgo Mezzanone?
C: In generale pochi, In altri ghetti ce ne sono come quello dei bulgari a Stornarella, bruciato e sgomberato due anni fa. I lavoratori bulgari e rumeni ad esempio, non avendo la residenza perché vivevano nelle baracche, non possono neanche iscrivere i bambini a scuola, anche se sono cittadini europei .
Cosa ci potete dire sul progetto di sgomberare Borgo Mezzanone?
C: In realtà è da anni che cercano di sgomberare Borgo Mezzanone ma non ci sono mai riusciti per la resistenza dei suoi abitanti, anche se sono state distrutte in passato alcune case. Ora hanno annunciato un altro sgombero per bonificare completamente la pista e poi far tornare lì i braccianti in quella che viene definita in maniera crudele “Cittadella dell’accoglienza”, invece di far uscire da questa situazione di disagio sociale i braccianti si pensa di riproporre il ghetto ma sotto il controllo dello Stato, allontanando gli immigrati irregolari e spacciando per legalità la continuazione dell’apartheid dei braccianti.
Adesso in periodo di pandemia è più complicato fare uno sgombero, e poi ci sono sempre più persone che non potendo permettersi di vivere in città si rifugiano qui. Però sono stati investiti soldi nel progetto della Cittadella dell’accoglienza quindi lo sgombero ci sarà, e la cosa più grave è che non sappiamo dove verranno spostate queste persone prima di poter tornare al ghetto. Si parla di usare centri di accoglienza ma chi non ha il permesso di soggiorno che fine farà? Si tratta dell’ennesimo mega progetto per cui sono stati spesi milioni di euro ma che non risponde al problema della casa. Sarebbe una nuova maniera di controllare i lavoratori, ma il ghetto rimane. Eppure i soldi e le risorse per dare la possibilità a chi lavora in campagna di vivere in condizioni decenti esistono. A Rosarno, ad esempio, ci sono tre palazzine pronte e vuote, costruite con i soldi dell’UE per i braccianti e mai consegnate a chi ne avrebbe diritto. Altro ostacolo è che anche quando i lavoratori avrebbero i soldi per affittare una casa, le agenzie spesso non vogliono affittare agli immigrati.
I lavoratori sono o sono stati coinvolti nella discussione sul futuro di Borgo Mezzanone?
C: Quando si fanno i tavoli decisionali delle istituzioni nella migliore (perché di solito neanche loro vengono chiamati a partecipare) delle ipotesi viene invitato tutto il mondo dell’associazionismo e dei sindacati e basta. Più volte i diretti interessati hanno chiesto di essere inclusi senza intermediari, ma non sono stati ascoltati. è anche per questo che lottano e lottiamo, e molte proteste sono sfociate in tavoli con la questura, la prefettura, i comuni, la regione fino al ministero dell’interno. Ad ogni forte pressione sono seguite discussioni con le istituzioni che hanno portato a vittorie che anche quando sono piccole e parziali si sono ottenute solo grazie alla forte mobilitazione dei lavoratori immigrati.
Cosa è cambiato con il governo Draghi?
Da quando la lotta delle campagne ha iniziato ad avere anche più visibilità, cioè dalla rivolta di Rosarno e dallo sciopero di Nardò, l’atteggiamento dei governi non è mai cambiato molto. Chiaramente ci sono stati provvedimenti che hanno influito, come con i Decreti Sicurezza di Salvini o le varie sanatorie, e le leggi contro il caporalato che si sono rivelate inefficaci quando non controproducenti. Proprio per questo è importante costruire un percorso di lotta nazionale per smantellare le leggi sull’immigrazione e combattere l’attuale organizzazione delle filiere agro-industriali. Sicuramente, se in questi anni abbiamo visto l’alternarsi della propaganda razzista di Salvini alle lacrime della Bellanova, oltre ad un modello basato sullo sfruttamento una costante è stata la repressione delle lotte, che anche durante la pandemia non si è mai fermata, con denunce, fogli di via e multe volte ad allontanare le persone solidali dal territorio e spezzare i legami. Questo però non fa altro che rafforzare la nostra convinzione e determinazione a continuare.