All’1:00 di questa mattina i lavoratori FedEx sono stati duramente attaccati a Tavazzano (Lodi) durante il presidio davanti alla Zampieri, azienda subordinata al colosso statunitense. Circa 50 agenti di sicurezza privata hanno aggredito con bastoni, pietre e bottiglie di vetro i lavoratori iscritti al Si Cobas che stavano protestando contro i licenziamenti previsti dalla multinazionale. Attualmente un lavoratore, Abdelhamid Elazab, è in ospedale in gravi condizioni; è stato in coma per alcune ore avendo subito un trauma cranico. Le forze dell’ordine hanno assistito per 10 minuti all’aggressione squadrista senza muovere un dito.
Da più di un anno i lavoratori e le lavoratrici TNT-FedEx stanno protestando contro il piano di licenziamenti che dovrebbe lasciare a casa 272 persone nello stabilimento di Piacenza, all’interno di un piano da 6000 licenziamenti in tutta Europa. Tre giorni fa la filiera FedEx era in sciopero per il ripristino delle libertà sindacali e per il reintegro immediato dei licenziati, con una grande mobilitazione operaia negli stabilimenti di Ancona, Lodi, Fiano Romano, Firenze e Bologna. Due settimane fa le forze dell’ordine avevano duramente caricato i lavoratori fuori dallo stabilimento di San Giuliano Milanese, a pochi giorni dallo sciopero; un mese fa lo stesso copione a Peschiera Borromeo.
Quanto accaduto nelle prime ore di oggi deve aprire una riflessione seria. Il gruppo FedEx ha avviato un processo di ristrutturazione aziendale – approfittando della congiuntura offerta dalla pandemia – che in Italia si sta concretizzando con i licenziamenti di coloro che in questi anni hanno conquistato con la lotta migliori condizioni contrattuali, aumenti salariali e maggiori tutele. La risposta dei lavoratori, organizzati dal Si Cobas, non si è fatta attendere, con un’ampia agitazione sindacale per difendere i posti di lavoro, nonostante le cariche delle forze dell’ordine e i procedimenti giudiziari per reprimere le lotte.
L’aggressione di questa mattina dimostra che i padroni sono disposti a ricorrere a ogni mezzo per spezzare le lotte operaie. Le avvisaglie c’erano da anni: nel settembre 2016 Abd Elsalam venne investito e ucciso da un crumiro che aveva forzato un picchetto organizzato dall’USB allo stabilimento GLS di Piacenza. Da allora il Decreto Minniti e i Decreti Salvini sono diventati la base di una legislazione repressiva antioperaia sempre più dura. La repressione è aumentata esponenzialmente fino ad arrivare a quanto abbiamo sotto gli occhi. L’azienda ha fatto ricorso a security privata per aggredire e fiaccare la lotta dei lavoratori. I bodyguard indossavano appositamente i gilet catarifrangenti utilizzati dai facchini: la vecchia tattica del travestire i picchiatori per simulare una divisione tra i lavoratori. I video delle violenze – che durano circa 10 minuti – mostrano agenti di polizia fermi, immobili a guardare, che lasciano campo libero allo squadrismo.
Per anni abbiamo sentito il centro-sinistra urlare strumentalmente al fascismo per lanciare appelli a un presunto voto utile; oggi ci troviamo dinanzi a una forma di squadrismo che non viene tanto dai personaggi folkloristici che inneggiano al duce, ma da mercenari di compagnie private assoldati direttamente dai padroni. Bisogna rendersene conto e reagire, generalizzando la solidarietà attorno a una lotta, quella dei facchini FedEx/TNT, che preannuncia ciò che sta per avvenire in tutta Italia con lo sblocco dei licenziamenti.
Tutti i media ci hanno raccontato che contro il Covid-19 “siamo tutti sulla stessa barca”, motivo per cui non dobbiamo preoccuparci dell’operato del governo, visto che ha il beneplacito dell’Unione Europea. Questa è la bolla di cristallo che ci è stata costruita, una bolla dove la repressione antioperaia e antipopolare fa parte della quotidianità ma non viene neanche percepita. Oggi i media già dimostrano da che parte stanno. I grandi giornali che avevano pubblicato articoli sulla vicenda parlando di un’aggressione ai lavoratori hanno già cambiato i titoli, riscritto gli articoli, cambiato le ricostruzioni dei fatti. Ora sui giornali si legge che c’è stato uno “scontro tra i licenziati e i lavoratori”, che i licenziati hanno “attaccato” lo stabilimento Zampieri. I telefoni hanno squillato, la macchina della menzogna si è messa in moto. Un muro mediatico, quello dell’informazione in mano ai grandi gruppi economici, che bisogna rompere, anche questo, con la solidarietà di classe e gli sforzi per un’informazione libera dagli interessi del profitto.
I fatti di questa notte ci dimostrano anche un’altra cosa, cioè che la lotta organizzata dei lavoratori, la solidarietà di classe che può arrivare dall’esterno, fanno davvero paura ai padroni.