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Per Adil, oggi corteo a Roma. Costruire lo sciopero generale.

Adil Belakhdim, coordinatore Si Cobas Novara, è stato ucciso ieri al Lidl di Biandrate (NO), travolto da un camion che ha forzato il picchetto dei lavoratori in sciopero. Pochi giorni fa i padroni della Texprint di Prato hanno preso a mattonate lavoratori in presidio per le 40 ore settimanali. Pochi giorni prima un vero e proprio attacco squadristico ha colpito il presidio dei lavoratori TNT-FedEx davanti alla Zampieri di Tavazzano (Lodi). Che l’attacco padronale si stesse facendo sempre più duro era ormai cosa nota da anni. Basta pensare all’incrementarsi della repressione. Basta pensare all’assassinio nel 2016 di Abd Elsalam, allo stabilimento GLS di Piacenza, travolto e ucciso da un camion durante un presidio organizzato dall’USB contro le condizioni di sfruttamento nell’hub piacentino.

Italia, anni Venti del Novecento? No, anni Venti del Duemila, a confermare che i diritti di cui (ancora) godiamo, che consideriamo “normali”, sono in realtà conquiste che qualcuno ha strappato con enormi sacrifici, pagandole col sangue e col sudore. Non eroi, non pensatori illuminati, ma milioni di sfruttati che nel conflitto con gli sfruttatori hanno espresso la loro forza organizzata e spinto in avanti le lancette della storia. Così lo sciopero da reato è diventato un diritto, sono stati posti dei limiti orari al lavoro, i bambini non sono più ammessi in miniera e tante altre cose che ci sembrano scontate.

L’assassinio di Belakhdim ci riporta però alla realtà, così come la vertenza TNT-FedEx e quella Texprint. Questo è il mondo reale: un sindacalista, lavoratore e padre, è stato ucciso perché difendeva i diritti della classe lavoratrice. Non è un caso e dobbiamo riconoscerlo. I padroni stanno colpendo là dove vedono messo in crisi il loro profitto, là dove sanno che rischiano di subire un danno reale. Perché quello che li spaventa davvero è la lotta organizzata della classe lavoratrice.

Il punto è proprio questo. La nostra forza sorge quando ci sono unità e organizzazione, elementi che sono mancanti negli ultimi decenni è che hanno comportato un arretramento reale sul piano dei diritti. È giusto e necessario indagare le cause di questa debolezza e della frammentazione attuale. Senza dare spazio a chi ha scelto ormai di abbandonarsi all’autoreferenzialità e all’interclassismo dichiarato.

Nel paese ci sono migliaia di lavoratori e di lavoratrici che non hanno smesso di lottare. Circondati da un muro di silenzio e indifferenza, costruito alla perfezione dai media borghesi. Spesso si sono trovati a combattere praticamente da soli, nonostante la loro lotta fosse quella di tutti. Adesso l’offensiva padronale travolge per primi quelli che possono dare l’esempio, gli operai più combattivi. L’escalation a cui stiamo assistendo si spiega con la volontà dei padroni di accelerare coi processi di ristrutturazione. Per questo assistiamo a un attacco violento al diritto di sciopero e all’agibilità sindacale sui posti di lavoro: vogliono levare ai lavoratori tutti gli strumenti di lotta che hanno a disposizione. Per questo è morto Adil, lavoratore immigrato che lottava per i diritti di milioni di lavoratori, italiani e non, di oggi e di domani. È ora di stringersi attorno a questi lavoratori in un fronte di lotta per resistere e rispondere allo sblocco dei licenziamenti. È il momento di rilanciare una stagione di lotte a partire dallo sciopero generale, una stagione di lotta che veda gli strati più coscienti della gioventù impegnarsi nelle scuole e nelle università per aprire un nuovo corso delle lotte studentesche.

Fidel Castro diceva che “per non lottare ci saranno sempre moltissimi pretesti in ogni epoca e in ogni circostanza, ma mai, senza lotta, si potrà avere la libertà”. Oggi abbiamo tutti un motivo in più per lottare. L’unità delle forze politiche e sindacali di classe non è retorica, né un proclama: è necessità, a partire dalla manifestazione di oggi a Roma in Piazza della Repubblica, ore 14. Non c’è più tempo da perdere.

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