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Vittoria alla Texprint: l’Ispettorato del lavoro riconosce lo sfruttamento

di Giovanni Ragusa


Vittoria! Dopo quasi un anno, finalmente i lavoratori e le lavoratrici della fabbrica Texprint di Prato possono gioire. L’Ispettorato nazionale del lavoro infatti, nella giornata di ieri, ha finalmente riconosciuto in via ufficiale le mostruose condizioni di lavoro a cui essi sono stati sottoposti per svariati anni. Si parla di “lavoro irregolarmente prestato” per almeno 16 lavoratori iscritti al Si Cobas, del 100% di contratti di apprendistato fittizi (12 su 12) e di “lavoro straordinario prestato per n. 4 ore al giorno dal lunedì al venerdì e per n. 12 ore giornaliere nelle giornate del sabato e della domenica, nella fascia oraria h. 9:00-h. 21:00”  nelle carte dell’ispettorato, che quindi attestano ciò che si è sempre saputo, ma che ancora faticava ad ottenere un riconoscimento ufficiale: i lavoratori e le lavoratrici organizzate dal Si Cobas avevano ragione.

Sono stati vittima di violenze inaudite nel corso di questi mesi, manganellati e sprangati a più riprese dalle squadracce assoldate dai padroni con la polizia ad un metro ad osservare immobile, e addirittura colpiti con l’acido in un’occasione; hanno dovuto subire la criminalizzazione mediatica e politica di chi gli dava dei menzogneri o li accusava di mettere i lavoratori gli uni contro gli altri, anche quando erano arrivate le prime vittorie sindacali. Ma alla fine, si sa, la lotta portata avanti con consapevolezza dei propri mezzi ed organizzazione dà i suoi frutti, seppur con tempi che si vorrebbero più brevi. Adesso tutti dovranno essere reintegrati con il riconoscimento di contratti full-time a tempo indeterminato, di contro alla formula dell’apprendistato fittizio fino ad ora utilizzato, ed in più si vedranno restituiti salari e contributi di cui erano stati privati proprio per via di questa alienante condizione contrattuale.

Si tratta di una vittoria che non va intesa come arrivo finale, ma come elemento intermedio di un percorso più generale che è iniziato con i primi mesi di lockdown, quando di fronte alla stretta dei padroni italiani si è iniziata ad avvertire l’esigenza di un coordinamento maggiore delle lotte, e che ha portato a risultati anche e soprattutto grazie alla grande solidarietà, diretta ed indiretta, che tante organizzazioni di classe hanno portato alla lotta della Texprint. Come dimenticare, ad esempio, lo sciopero del 24 aprile di quest’anno, quando un migliaio di persone si è recata a Prato nonostante le misure di contenimento ancora in vigore, un’occasione di straordinaria unità proletaria che è stata alimentata da altri eventi simili già emersi nell’anno precedente ma che ha dato ancora di più l’esempio per altri lavoratori e lavoratrici in giro per l’Italia.

"8x5" è la formula diventata simbolo della lotta alla Texprint, in cui si rivendica di lavorare 8 ore giornaliere per 5 giorni (40 ore settimanali)
“8×5” è la formula diventata simbolo della lotta alla Texprint, in cui si rivendica di lavorare 8 ore giornaliere per 5 giorni (40 ore settimanali)

La lotta non è finita qui però, e lo dice chiaramente il Si Cobas di Prato e Firenze affermando: “È l’ora che vengano riconosciuti i permessi di soggiorno per sfruttamento ai lavoratori della Texprint. Dopo l’incontro di settembre arrivato dopo lo sciopero della fame in Piazza del Comune, abbiamo dovuto constatare che neanche gli impegni presi e sottoscritti con un verbale condiviso da parte di Comune e Satis sono stati rispettati. Da due mesi non abbiamo ricevuto notizie, né risposte alle nostre mail. Un atteggiamento inqualificabile davanti allo stato di necessità dei lavoratori che da mesi attendono i fatti”. Ma non è finito soprattutto perché sono ancora tanti, troppi, i luoghi di lavoro in cui condizioni simili vengono perpetuate giornalmente, legittimate e protette da anni da governi che hanno fatto di tutto per erodere diritti e tutele dei lavoratori, mentre i capitalisti nostrani si arricchivano sulle spalle di chi, come alla Texprint, ha vissuto nell’alienazione più totale.

Non è il momento di crogiolarsi dunque, ma di prendere questa vittoria come un monito per continuare ad organizzarsi, a coordinarsi ed agitarsi in una prospettiva di più ampio respiro, che esca dalle singole vertenze per entrare sempre più nella dimensione della lotta politica. Ormai non è più una scelta, ma una necessità storica, e non c’è altro da fare se non rimboccarsi le maniche e lavorare per costruire un futuro diverso.

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