* di Lorenzo Vagni
Da alcune settimane gli studenti dell’Università La Sapienza di Roma sono in mobilitazione. Stato di agitazione che è culminato, nei giorni del 30 e 31 marzo, con l’occupazione della Facoltà di Lettere e Filosofia, fatto che non avveniva nell’ateneo romano dal novembre 2010, allora contro la Riforma Gelmini.
In questo caso la lotta degli studenti è contro le politiche militariste del Governo Draghi, l’aumento della spesa militare, ogni coinvolgimento dell’Italia nella guerra imperialista in Ucraina e la partecipazione del nostro paese alla NATO.
La protesta studentesca non si è limitata però ad attaccare il Governo e le sue politiche, ma anche a mettere in luce le dirette responsabilità dell’ateneo nello stringere accordi, convenzioni e partnership con grandi imprese che producono per finalità belliche, traendo profitti dalle guerre sulla pelle delle popolazioni da queste colpite, e con organizzazioni quali la NATO o le Forze Armate, fino a concedere spazi negli organismi dell’università stessa a queste aziende.
La mobilitazione degli studenti
Le proteste hanno avuto inizio il 1° marzo, quando degli studenti appartenenti al Fronte della Gioventù Comunista e ad alcuni collettivi universitari hanno effettuato un blitz presso il rettorato della Sapienza, esponendo striscioni contro la partecipazione dell’Italia alla guerra imperialista ed annunciando la mobilitazione per la giornata successiva.
Proprio il 2 marzo gli studenti hanno effettuato una contestazione durante l’evento per la pace organizzato dalla dirigenza universitaria, svelandone l’ipocrisia, in quanto al tempo stesso la Sapienza ha accordi in essere con Leonardo, nona impresa al mondo nella produzione bellica, la maggiore in Italia e tra le società che con il conflitto russo-ucraino sta guadagnando di più (sono bastate le prime notizie dell’escalation a far balzare in borsa i titoli del 15%), convocando per il pomeriggio una manifestazione studentesca contro la guerra.
Il successivo 14 marzo il FGC ha annunciato il lancio di una petizione studentesca denominata “Fuori la guerra dalla Sapienza!“, rivendicando la mappatura, il ritiro e l’impegno a non stipulare ogni forma di accordo, convenzione, collaborazione o partnership tra la Sapienza e industrie belliche, aziende che sviluppano tecnologie ad uso militare, organizzazioni militari o esponenti di queste aziende e organizzazioni. La campagna di sottoscrizioni è tuttora in corso, avendo già ottenuto il sostegno di centinaia di studenti dell’ateneo.
Infine il 30 marzo gli studenti hanno occupato la Facoltà di Lettere e Filosofia, dando così inizio a due giorni che hanno visto numerose iniziative politiche, conferenze e assemblee contro la guerra, le politiche del Governo Draghi e il ruolo svolto dalla Sapienza, tra cui un dibattito a cui hanno preso parte rappresentanti di studenti, docenti e ricercatori di varie università europee, nonché rappresentanti del movimento No MUOS.
In un comunicato diramato dall’assemblea degli occupanti, gli studenti hanno esplicitato quali rivendicazioni della protesta:
- l’immediata interruzione degli accordi dell’Università con le imprese che producono armi e traggono profitti dai vari conflitti nel mondo;
- l’immediata interruzione dei programmi di collaborazione dell’Università con le Forze Armate e con la NATO;
- l’immediato ritiro delle misure di aumento dei fondi per le spese militari previste dal governo Draghi e la riallocazione di queste risorse sull’istruzione, sul welfare, sulla sanità e sul contrasto alla crisi climatica;
- l’immediata chiusura delle basi militari della NATO in Italia;
- l’immediato stop all’invio di armamenti e attrezzature belliche da parte di Italia e Unione Europea in Ucraina, per favorire una risoluzione diplomatica del conflitto in corso.
In un comunicato il FGC ha affermato che «l’occupazione della facoltà di Lettere alla Sapienza di Roma lancia un messaggio importante contro la guerra imperialista. Mentre gli atenei stringono accordi con industrie belliche e organizzazioni militari, gli studenti si riprendono i loro luoghi di studio contro chi fa profitto con il sangue dei popoli. Un altro schiaffo al Governo, che prosegue con le sue scellerate politiche guerrafondaie».
Chi sono gli amici e chi sono i nemici degli studenti in mobilitazione?
La mobilitazione degli studenti della Sapienza ha ricevuto il sostegno pressoché unanime del movimento antimperialista e di quello studentesco, testimoniando la continuità con le proteste degli studenti delle scuole superiori (negli stessi giorni decine e decine di scuole in varie città d’Italia sono state occupate in protesta contro la guerra imperialista) e con le manifestazioni di piazza che si sono tenute nello stesso periodo a Roma e non solo.
Sostegno agli studenti della Sapienza in lotta è giunto anche dal Fronte Comunista, il quale ha espresso in un comunicato «tutta la nostra solidarietà e il nostro sostegno concreto agli studenti in mobilitazione e alle future lotte in ogni luogo di studio contro il Governo Draghi e le sue politiche guerrafondaie».
Al contrario, ad attaccare la protesta sono stati il quotidiano Il Foglio, quotidiano di proprietà di Sorgente Group, una holding del settore immobiliare che gode di un patrimonio stimato nel 2019 in 5 miliardi di euro, e il giornale neofascista Il Primato Nazionale, a testimoniare la natura dei detrattori della mobilitazione studentesca.
Il FGC si è espresso circa gli attacchi, affermando come questi siano strumentali «nei fatti rafforzando quel coro che prova a marginalizzare chi esprime opinioni contrarie alle politiche di guerra del Governo Draghi» e sottolineando come «l’unica retorica vecchia e reazionaria è proprio il tentativo di svalutare e ridicolizzare le proteste degli studenti perché si ha difficoltà a contestarle nel merito».
I rapporti tra Sapienza e imprese del settore bellico
Tra gli elementi di contestazione da parte degli studenti in lotta vi sono i rapporti tra la Sapienza e diverse imprese operanti nella produzione di armamenti o nello sviluppo di tecnologie ad uso militare. Ma in cosa si sostanziano tali rapporti?
Con diverse di queste aziende la Sapienza ha stretto accordi formalizzati dagli organismi dirigenti dell’ateneo. Un esempio su tutti è un accordo quadro stipulato con la Leonardo, ratificato il 24 giugno 2021 dal Consiglio d’Amministrazione all’unanimità (con voto favorevole anche dei rappresentanti degli studenti, alcuni dei quali membri di partiti del centro-sinistra). Ad oggi l’ateneo non ha reso pubblici i dettagli di tale accordo. Tuttavia i rapporti tra Sapienza e Leonardo sono tutt’altro che sotterranei, e sussistono da ben prima della stipula dell’accordo quadro.
Un caso emblematico è rappresentato dal Master in Geopolitica e Sicurezza Globale offerto dal 2002 dalla Facoltà di Scienze Politiche, alla cui erogazione partecipa, insieme a Ferrovie dello Stato, proprio la Leonardo, presentando «il quadro degli interessi strategici di multinazionali fortemente legati alla dimensione territoriale e che non limitano più la propria azione al solo ambito nazionale».
Fa riflettere come l’università collabori attivamente con una società tra i cui clienti vi sono stati negli ultimi anni paesi direttamente coinvolti in conflitti e accusati in alcuni casi perfino di crimini di guerra (tra questi l’Arabia Saudita, Israele e la Turchia, coinvolti in tempi recenti nelle guerre rispettivamente in Yemen, Palestina e Siria), per un giro di affari annuo pari a 14 miliardi di euro.
D’altronde un colosso economico di questo tipo, in un mercato nel quale le innovazioni tecnologiche fanno la differenza, non poteva farsi mancare la collaborazione con l’Università La Sapienza, polo universitario più grande d’Europa e capace di garantire cervelli e infrastrutture di ricerca.
Tirocini e promozione delle industrie belliche
Oltre alle collaborazioni didattiche con le industrie belliche, la Sapienza si rende spesso vetrina di imprese che operano direttamente nella produzione di armamenti, presentando alcune di esse agli studenti quale possibile sbocco professionale.
Per citare un esempio, nell’agosto scorso, la Sapienza scelse di essere vetrina per MBDA, multinazionale francese specializzata nella realizzazione di sistemi missilistici ad uso militare, a cui Leonardo partecipa al 25%… salvo poi rimuovere il post, ritenuto forse scomodo, ma ormai il danno era fatto. Il caso non è affatto isolato, e spesso attraverso la piattaforma di Career Service dell’università è possibile imbattersi in imprese di questo tipo.
Oltre a questo, la Sapienza è solita proporre tirocini, stage o tesi, in molti casi con lavoro non retribuito, presso aziende private e tra queste sinergie ne sviluppa diverse presso colossi della produzione bellica. Alcuni esempi sono il Premio Innovazione Leonardo, in cui la Sapienza invitava gli studenti a partecipare ad un contest con in palio riconoscimenti economici e tirocini formativi di sei mesi all’interno del Gruppo Leonardo. Questa pratica avviene, particolarmente nei corsi ingegneristici, anche verso aziende produttrici di dispositivi per finalità belliche.
L’influenza delle industrie belliche sulla didattica
Oltre agli esempi citati in precedenza, in molti casi le imprese possono influenzare direttamente la didattica impartita tramite la loro diretta partecipazione a organismi dell’ateneo.
Un esempio è quanto stava accadendo solo pochi anni fa nel Consiglio d’Area Didattica di Ingegneria Elettronica, in cui un Comitato d’Indirizzo a netta prevalenza di componenti privati (solo 2 rappresentanti degli studenti e 10 dirigenti di grandi multinazionali del settore come Leonardo, Fincantieri, STMicroelectronics ed Elettronica Group) è stato respinto grazie all’opposizione del FGC e alla risposta compatta degli studenti. Com’è evidente tra queste imprese vi erano oltre Leonardo anche Fincantieri, più importante gruppo navale d’Europa con un fatturato di oltre 5 miliardi e importanti commesse nella realizzazione di navi da guerra, ed Elettronica Group, multinazionale italiana che realizza sistemi di guerra elettronica.
In altri corsi delle Facoltà di Ingegneria organismi di questo tipo sono già stati creati, come ad esempio a Ingegneria Aerospaziale, dove esiste un Focus Group Aziende che influisce pesantemente nel «verificare l’adeguatezza della formazione ai fabbisogni del mondo del lavoro». Tra le aziende che ne fanno parte vi è Thales Alenia Space, controllata al 33% da Leonardo e al 67% da Thales, multinazionale francese del settore della difesa, e a sua volta realizzatrice tra i vari campi di intervento di satelliti per finalità militari.
Oltre a questi casi, la stessa Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale dispone di un Osservatorio sulle Imprese, a cui non è impensabile possano prendere parte aziende coinvolte nella produzione bellica.
I rapporti con la NATO
Oltre alle collaborazioni con le imprese, la Sapienza collabora attivamente anche con la NATO. Non solo figure della NATO prendono parte all’erogazione della didattica, come avviene nel predetto Master in Geopolitica e Sicurezza Globale, in cui figura un analista strategico, già capo sezione contro-intelligence della NATO, ma la Sapienza porta avanti progetti di ricerca proprio per la NATO, mettendo quindi a disposizione di essa il lavoro di studenti e dottorandi, nonché piegando la ricerca scientifica agli interessi di un’organizzazione militare che da decenni provoca guerre e morte in tutto il mondo.
Un esempio di questo è il progetto del 2020 riguardante il “Biosensore nanotecnologico basato su cristalli liquidi fotosensibili – NANO-LC“, promosso nell’ambito del programma Science for Peace and Security istituito dalla NATO e il cui utente finale è stato l’Air Force Research Laboratory degli Stati Uniti che ha preso parte al progetto «orientando l’evoluzione della ricerca verso la messa a punto di un dispositivo industrialmente rilevante».
La Sapienza fornisce inoltre molto spazio ad esponenti atlantisti nei propri eventi culturali. Proprio in questi giorni, in cui le politiche imperialiste di NATO e Russia rischiano di portare il mondo a una guerra generalizzata, l’ateneo ha organizzato un ciclo di iniziative denominato “Dialoghi sull’Europa“, molte delle quali chiara espressione di propaganda europeista e atlantista.
Tra questi “Next Generation EU, il Patto di stabilità e il futuro dell’Unione“, tenuto da un’europarlamentare del PD, ma anche “The idea for European Defence Union“, “Fronteras electrónicas: l’Unione Europea e la sfida per il controllo tecnologico delle frontiere“, ma soprattutto “L’Europa della Difesa: dal nuovo Concetto Strategico NATO allo EU Strategic Compass“, tenuto da un membro del Comitato Atlantico Italiano ed ex ambasciatore italiano presso la NATO.
Concedendo vetrine a questa propaganda militarista e bellicista è chiaro che la Sapienza, dietro dichiarazioni di facciata in sostegno della pace, sceglie di dare nei fatti spazio a chi è corresponsabile del conflitto in Ucraina e dell’aumento delle tensioni internazionali.
Corsi a finalità militari
L’Università La Sapienza collabora inoltre con le Forze Armate. Questa collaborazione comporta tra i vari aspetti l’erogazione di corsi con dichiarate finalità militari.
Ad esempio, la Facoltà di Medicina e Psicologia offre il Master in Psicologia Militare, svolto a seguito di un accordo con l’Ispettorato Generale della Sanità Militare (IGESAN), un organo dello Stato Maggiore della Difesa. Il corso «si propone di realizzare un percorso formativo finalizzato a comprendere, sviluppare e facilitare i processi organizzativi peculiari della realtà militare», vede la partecipazione di ufficiali direttamente designati dall’IGESAN ed eroga parte delle lezioni proprio all’interno di strutture militari.
Un altro esempio è il Corso di Perfezionamento Analisi Intelligence per la Difesa e l’AntiTerrorismo, erogato dal Dipartimento di Scienze Statistiche e tra i cui docenti figurano diversi ufficiali dell’Esercito.
E ancora, nel Master della Facoltà di Scienze Politiche «esperti della Marina Militare approfondiscono temi riguardanti la dimensione marittima della geopolitica italiana, con tutte le sue connessioni nel Mediterraneo Allargato», con un contrammiraglio nel ruolo di docente.
La lotta degli studenti non si ferma
Un bilancio sulle mobilitazioni in Sapienza è stato tratto da Daniele Agostini, rappresentante degli studenti della Facoltà di Lettere e Filosofia per il FGC:
«L’occupazione della nostra facoltà è stato un segnale importante, ancor più in un ateneo in cui per troppo tempo è mancato il protagonismo studentesco. Soprattutto in questi giorni è importante che gli studenti facciano sentire la propria voce, con parole chiare contro la guerra imperialista, l’aumento delle spese militari, e per un’istruzione accessibile a tutti. In questo contesto è infatti fondamentale contrastare la propaganda guerrafondaia nel nostro paese, che si sta preparando ad un ulteriore inasprimento del conflitto. È pertanto nostro compito lottare contro queste politiche, unendo la nostra mobilitazione a quella dei lavoratori che stanno lottando oggi contro l’imperialismo e tutto ciò che esso produce.»
Da Agostini anche un rilancio delle mobilitazioni nell’università:
«Le lotte di questi giorni non rappresentano di certo un punto di arrivo. È oggi nostra responsabilità proseguire con la mobilitazione ed allargarla a quanti più studenti e atenei possibile, a partire dall’opposizione a ogni tipo di accordo che le nostre università stringono con chi dalla guerra trae profitto.»
La Sapienza come specchio di un sistema nazionale
Molte delle problematiche denunciate e combattute dagli studenti della Sapienza non sono affatto delle criticità riscontrabili esclusivamente nell’ateneo capitolino. Al contrario, il sistema universitario italiano, anche e soprattutto alla luce delle riforme che negli anni hanno sempre più spinto verso l’aziendalizzazione dell’università pubblica, collabora strutturalmente con imprese che dalle guerre traggono profitti miliardari.
Vi sono infatti esempi di collaborazioni tra atenei italiani e industrie belliche o agenzie militari in diverse città. Tra questi l’accordo duramente contestato dagli studenti nel dicembre 2021 tra il Politecnico di Torino e Frontex, l’Agenzia Europea della Guardia di Frontiera e Costiera, responsabile di una politica di respingimenti coatti ai confini marittimi e terrestri dell’UE, oppure la collaborazione che l’Università di Trento mantiene stabilmente con imprese come Leonardo, Thales o Elettronica Group tramite il Laboratorio Eledia, a cui partecipano anche molte altre grandi imprese multinazionali di vari settori industriali.
La lotta degli studenti della Sapienza non è pertanto una battaglia isolata o localistica, ma rappresenta un segnale politico rilevante, ossia la presa di posizione di molti studenti delle classi popolari nel denunciare quei meccanismi del tutto generali che permeano il modello di università-azienda, e che svendono i nostri atenei a molte di quelle grandi imprese che traggono profitto dal sangue versato dai popoli del mondo. Lotta che non può oggi prescindere dalla lotta contro il sistema dell’università di classe nel suo complesso.