Lo scorso 19 ottobre migliaia di studenti e studentesse hanno riempito piazza Università a Catania – mobilitandosi sotto lo slogan “Non un appello in meno!” – per protestare contro le proposte di riduzione degli appelli e l’abolizione della figura dello studente laureando avanzate dalla commissione didattica. La discussione delle proposte, che era stata fissata per il 25 ottobre in occasione della prossima riunione del Senato Accademico, è stata rinviata a data da destinarsi dopo un dietro front del Rettore a seguito della mobilitazione studentesca.
Le proposte di modifica in questione sostanzialmente consistono nell’eliminazione dell’appello di novembre, con la conseguente riduzione degli appelli della sessione autunnale da due a uno – che di fatto toglierà agli studenti la possibilità di recuperare materie degli anni precedenti- e l’introduzione del “salto dell’appello”, per cui lo studente che non supererà l’esame al primo appello non potrà ripresentarsi a quello successivo.
Tra le altre possibili modifiche vi è anche l’eliminazione del profilo dello studente “laureando”. In questo modo, gli studenti in procinto di laurearsi allo scadere del terzo anno non potranno iscriversi con riserva alla magistrale, ma dovranno iscriversi al quarto anno come se fossero studenti irregolari, con tutte le conseguenze economiche che questo comporta.
Se i primi due provvedimenti vengono presentati come metodi per “ottimizzare” lo svolgimento degli esami, magari impegnando meno docenti e risparmiando sulle assunzioni – senza tenere conto delle necessità organizzative degli studenti – il terzo mira a far fare cassa all’Ateneo svuotando maggiormente le tasche dei suoi iscritti.
L’impopolarità dei provvedimenti è sotto gli occhi di tutti, ed infatti nella giornata di giovedì scorso, grazie alla grande mobilitazione di studenti e studentesse, il rettore dell’UniCT è stato costretto a sospendere momentaneamente le proposte di cui sopra. Una vittoria importante per la componente studentesca, che dimostra come solo la lotta serrata possa permettere di difendere il proprio diritto allo studio da attacchi simili. Ciononostante resta la consapevolezza che ancora non c’è certezza in merito al ritiro definitivo dei provvedimenti, un motivo in più per tenere alta la guardia e continuare a discutere, organizzarsi ed agitarsi quando ce ne sarà bisogno.
Tra tasse esorbitanti, caro vita, mancanza di alloggi e servizi, strutture fatiscenti, ritmi serrati, frequentare l’università è diventato sempre più complicato, in particolar modo per gli studenti di estrazione popolare. Alla luce di ciò e con la consapevolezza proveniente da una grande prova di forza studentesca, ora sarà importante tenere vivo il livello della mobilitazione e politicizzarlo per dare vita a una nuova stagione di lotte che coinvolga gli studenti e le studentesse universitari, contro l’università di classe, per un’istruzione superiore di qualità e realmente accessibile per tutti.