Di seguito pubblichiamo una traduzione in lingua italiana a cura di Giaime Ugliano dell’intervento di Giorgos Marinos, membro del Comitato Centrale del KKE, al XXII Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai, che si è tenuto a l’Avana tra il 27 e il 29 Ottobre.
Cari compagni,
stiamo tenendo il 22° Incontro internazionale dei partiti comunisti e operai di fronte alle difficoltà causate dalla pandemia. Ci riuniamo qui, a L’Avana, per continuare l’impegno iniziato nel 1998 ad Atene e che negli anni successivi ha toccato molte regioni del mondo.
Il Partito Comunista di Grecia saluta i Partiti Comunisti e ringrazia il Partito Comunista di Cuba per l’organizzazione del 22° IMCWP e per la sua ospitalità.
Esprime la sua solidarietà internazionalista di lunga data con il PC di Cuba e con il popolo cubano che attualmente sta affrontando gravi difficoltà economiche.
Condanna l’imperialismo statunitense e i suoi alleati, nonché l’inaccettabile blocco di 62 anni imposto all’isola della rivoluzione per minare le sue conquiste. Denuncia la campagna anticomunista e le azioni controrivoluzionarie orchestrate. Chiede che si ponga fine al blocco imperialista e a tutte le forme di intervento negli affari interni di Cuba.
La lotta di Fidel, del Che, di Raúl e degli altri rivoluzionari, l’eroica lotta armata, la vittoria della rivoluzione il giorno di Capodanno del 1959, la proclamazione del suo carattere socialista e la lunga lotta contro l’imperialismo ispirano i popoli.
Il 22° IMCWP si svolge in un contesto molto pericoloso.
Il sistema capitalista è segnato dall’inasprimento della concorrenza che porta a guerre e interventi imperialisti, all’intensificazione dello sfruttamento, all’espansione della povertà e della disoccupazione, alle ondate di rifugiati e immigrati in cerca di un futuro migliore.
I popoli soffrono a causa della miseria, dei bassi salari e delle pensioni e della povertà energetica. La pandemia ha evidenziato il carattere di classe degli Stati borghesi e l’inadeguatezza dei sistemi sanitari pubblici, tragici risultati della politica di mercificazione. Il nostro Partito apprezza profondamente le misure adottate da Cuba durante la pandemia per proteggere la salute e la vita della popolazione, il suo contributo internazionalista.
La cosiddetta transizione verde con il pretesto di salvare l’ambiente, così come la cosiddetta quarta rivoluzione industriale, sono i moderni strumenti del capitalismo per lo sfruttamento del capitale accumulato. Servono gli interessi delle classi borghesi che intensificano l’attacco ai popoli e lo sfruttamento della classe operaia.
Rafforzare la lotta dei comunisti per il rovesciamento della barbarie capitalista è un compito di primaria importanza. A questo proposito, vogliamo sollevare alcune questioni fondamentali di importanza strategica che riguardano il movimento comunista, nelle cui file si sta svolgendo un intenso e necessario confronto ideologico. Sottolineiamo questi temi particolari, considerando che le nuove condizioni della lotta di classe e il confronto con il capitalismo hanno dato origine a maggiori richieste e il movimento comunista è in ritardo. La sua riaggregazione e il raggiungimento dell’unità ideologico-politica rimarranno un desiderio se non ci sarà un riesame del suo percorso con i principi rivoluzionari, la teoria marxista-leninista e la preziosa esperienza della Rivoluzione Socialista d’Ottobre come bussola.
Il KKE sta facendo uno sforzo per contribuire a questa causa e allo stesso tempo cerca di utilizzare le possibilità di sviluppo dell’azione congiunta dei partiti comunista e operaio. Tuttavia, notiamo che l’invito ad “andare avanti con ciò che ci unisce e mettere da parte ciò che ci divide” abbellisce la situazione e ostacola la discussione necessaria e significativa per trarre conclusioni dai rovesciamenti controrivoluzionari e dalla crisi del movimento comunista. Impedisce l’identificazione delle cause, dei problemi e degli errori, il cui studio è necessario per rafforzare la lotta contro qualsiasi tendenza al compromesso con l’establishment, contro l’opportunismo e per intensificare gli sforzi per raggiungere una strategia rivoluzionaria unitaria contro i monopoli e il capitalismo.
In primo luogo, la guerra imperialista in Ucraina che si sta combattendo tra USA-NATO-UE e Russia capitalista, evidenzia le pesanti conseguenze della controrivoluzione e della restaurazione capitalista che hanno portato i popoli che avevano costruito il socialismo per 70 anni nello Stato multinazionale dell’URSS a uccidersi a vicenda per gli interessi della borghesia.
La polveriera della guerra si è accumulata nel periodo precedente, già a partire dal completamento del processo di rovesciamento del socialismo nel 1991, ed è stata innescata da:
• L’intervento del blocco euro-atlantico in Ucraina nel 2014, il sostegno alle forze fasciste e filo-fasciste e l’imposizione di una soluzione governativa in linea con i suoi interessi. L’accumulo di forze militari della NATO al confine con la Russia e l’istituzione di nuove basi statunitensi nella regione.
• Le mosse della borghesia russa e dei suoi rappresentanti politici che, dopo il corteggiamento della NATO e il consolidamento del potere borghese, hanno promosso un piano per controllare le risorse produttive dell’Ucraina e di altri ex Stati socialisti dell’Unione Sovietica unificata, nel quadro dell’unificazione capitalistica euro-asiatica, in concorrenza con i monopoli europei e statunitensi. All’inizio del 2022, abbiamo denunciato l’intervento delle forze russe in Kazakistan, effettuato nel quadro dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva contro le manifestazioni popolari di massa.
Condanniamo il regime reazionario di Zelenskij e i governi ucraini anticomunisti e nazionalisti che hanno commesso crimini contro il popolo nel Donbas, messo fuorilegge il Partito Comunista di Ucraina, perseguitato i comunisti e violato i diritti del popolo ucraino.
La condanna dell’imperialismo USA-NATO e dei governi ucraini non può giustificare l’inaccettabile invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la violazione della sua integrità territoriale e della sua sovranità, che ha causato migliaia di morti e sofferenze al popolo ucraino e russo e ai popoli della regione.
La causa principale della guerra in Ucraina è la competizione per la divisione dei mercati, il controllo delle risorse che producono ricchezza e delle aree di importanza strategica. È condotta e guidata dalla borghesia; è imperialista da entrambe le parti; è diretta contro i popoli e vi sono grandi pericoli di una sua generalizzazione, anche con l’uso di armi nucleari.
I pretesti utilizzati da entrambe le parti hanno lo scopo di ingannare e manipolare i popoli. Il pretesto delle potenze euro-atlantiche di uno scontro tra “democrazia” e “autoritarismo” è infondato. Esse hanno la responsabilità penale di decine di guerre imperialiste, tra cui quelle in Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Siria e Libia.
Il pretesto della leadership russa sul carattere “denazificante” e “antifascista” della guerra è fuorviante. La leadership statale e governativa russa – frutto della controrivoluzione e colpevole di aver saccheggiato le proprietà del popolo sovietico – pur portando la propria pesante responsabilità nel rafforzamento delle forze fasciste in Ucraina, insiste nel calunniare palesemente l’inestimabile contributo di Lenin, la grande Rivoluzione socialista d’ottobre e le conquiste della costruzione del socialismo. Si impegna nell’anticomunismo.
Le forze leader in Russia oggi sono rappresentanti degli interessi dei monopoli russi e dei gestori del capitalismo. Non possono fungere da forza antifascista.
Il fascismo è una creazione del capitalismo, una riserva degli sfruttatori contro i popoli. Può essere affrontato con una lotta operaia e popolare organizzata e di massa e non delegando questo compito a una parte delle forze politiche, la borghesia e il suo Stato. La lotta contro il fascismo è legata alla lotta per eliminare le cause che lo generano, al rovesciamento del sistema capitalista.
Gli sviluppi evidenziano che il conflitto in Ucraina fa parte del quadro più ampio della competizione imperialista che imperversa in tutto il mondo. Sottolineiamo in particolare i pericoli della rivalità tra Stati Uniti e Cina per la supremazia nel sistema imperialista, il conflitto tra il campo euro-atlantico e quello euro-asiatico emergente guidato da Cina e Russia.
La posizione dei comunisti nei confronti della guerra imperialista è una questione cruciale. È determinata dal fatto che nell’era dell’imperialismo, cioè del capitalismo monopolistico, le guerre condotte dalle classi borghesi sono ingiuste e imperialiste. I popoli sono chiamati a condannarle, a rafforzare la lotta indipendente ideologica, politica e di massa per rovesciare il potere del capitale, eliminare lo sfruttamento capitalistico, costruire il socialismo-comunismo.
Ogni deviazione da questo principio porta oggettivamente ad allinearsi agli interessi delle classi borghesi, dell’uno o dell’altro campo di “ladri”, con conseguenze dolorose.
I comunisti si oppongono agli orrori della guerra, ma non si fanno illusioni. Definiscono il contenuto sociale di classe e le condizioni che possono garantire la vera pace e lo sviluppo dell’amicizia tra i popoli, chiarendo che nel contesto della “pace imperialista” si acuisce la concorrenza e si formano le condizioni per le guerre imperialiste.
La posizione relativa alla creazione di una “nuova architettura di sicurezza” e alla ricerca di un meccanismo che dovrebbe conciliare gli interessi degli Stati Uniti, della NATO e dell’Unione Europea con quelli della Russia e della Cina, al fine di raggiungere, come si dice, una “coesistenza pacifica”, alimenta le illusioni.
Queste teorie creano false aspettative e non tengono conto della questione principale, ossia che i monopoli e gli Stati capitalisti si confrontano tra di loro, un fatto che imprime la sua impronta ai conflitti economici e militari. È stato dimostrato storicamente e teoricamente che nessun accordo temporaneo tra Stati capitalisti può garantire la pace in modo permanente.
Gli accordi di Minsk, ad esempio, esprimevano compromessi temporanei e fragili di un certo periodo, sono stati utilizzati secondo i piani di entrambe le parti e alla fine sono crollati. Questo vale anche per decine di altri accordi utilizzati per disinnescare i conflitti imperialisti.
La confusione è causata anche dalla promozione del ruolo delle Nazioni Unite e del diritto internazionale, che nei decenni precedenti è stato modellato a favore dei popoli grazie all’intervento dell’Unione Sovietica.
Oggi la situazione è cambiata, la correlazione di forze si è drammaticamente deteriorata, la prassi delle Nazioni Unite è legata alla copertura della pianificazione USA-NATO e degli interventi imperialisti, come abbiamo visto in Jugoslavia, Afghanistan, Siria e Libia. Le precedenti risoluzioni dell’ONU, che erano state elaborate grazie all’Unione Sovietica e agli altri Paesi socialisti, sono ormai lettera morta, come dimostrano gli esempi della continua occupazione della Palestina da parte di Israele o dell’occupazione turca di Cipro.
Negli ultimi anni, soprattutto dopo la costituzione dei BRICS, il cosiddetto “mondo multipolare” è stato proposto come soluzione per garantire la pace e gli interessi dei popoli, in risposta al mondo “unipolare” e alla supremazia degli Stati Uniti.
In sostanza, questa teoria invita i popoli a rinunciare ai propri interessi o a identificarli con quelli delle classi borghesi e dei centri imperialisti in competizione con l’imperialismo statunitense per il controllo delle risorse e dei mercati che producono ricchezza.
Queste scelte portano al disarmo della classe operaia, annullano la lotta indipendente dei lavoratori e dei popoli contro gli sfruttatori e pongono i popoli sotto una falsa bandiera, anche con pretesti che affermano che “non esistono lotte antimperialiste pure e piani socialisti puri” e che sarebbe necessaria una “alleanza di forze antimperialiste e progressiste”, comprese le forze politiche borghesi, gli Stati capitalisti e le alleanze.
Nell’ultimo periodo, il KKE ha sviluppato una ricca attività contro la guerra e l’imperialismo. Ha preso parte all’importante iniziativa della Dichiarazione congiunta di 4 PC – il PC dei Lavoratori di Spagna, il PC del Messico, il PC della Grecia e il PC della Turchia. Salutiamo la partecipazione di 43 partiti comunisti e 30 organizzazioni giovanili comuniste che hanno preso una posizione di principio contro la guerra, evidenziandone il carattere imperialista e le vere cause.
Il nostro Partito è in conflitto con la borghesia, i governi e i partiti che rappresentano i suoi interessi, lo Stato borghese e la sua politica di coinvolgimento nella guerra imperialista e nei piani degli USA, della NATO e dell’UE.
Lotta per la chiusura delle basi USA-NATO in Grecia, che sono state create sotto la responsabilità di tutti i governi borghesi, ovvero il partito liberale Nuova Democrazia e i partiti socialdemocratici SYRIZA e PASOK.
Denuncia che questi governi hanno trasformato il nostro Paese in una rampa di lancio USA-NATO. Insieme al popolo, chiede che venga interrotto l’invio di attrezzature militari per la guerra in Ucraina e che le forze armate greche tornino a casa dalle missioni imperialiste all’estero. Lotta per il disimpegno della Grecia dalla NATO e dall’UE, da tutte le alleanze imperialiste, con la classe operaia al potere e il popolo padrone della propria terra.
Il KKE sostiene che la lotta per la difesa dei confini e dei diritti sovrani della Grecia, dal punto di vista della classe operaia e degli strati popolari, è inseparabile dalla lotta per il rovesciamento del potere del capitale. Questo non ha nulla a che vedere con la difesa dei piani di un polo imperialista o di un altro, della redditività di un gruppo monopolistico o di un altro.
In secondo luogo, c’è un grande dibattito, un confronto ideologico all’interno del movimento comunista su cosa sia l’imperialismo. A nostro avviso, si tratta di una questione fondamentale, che deve quindi proseguire in modo multiforme e cameratesco, con uno scambio di argomentazioni.
La teoria leninista dell’imperialismo rimane attuale e attrezza i comunisti che hanno il compito di svilupparla ulteriormente, tenendo conto della rapida espansione e del dominio dei monopoli al giorno d’oggi, del ruolo degli Stati borghesi come base della loro azione, dell’ulteriore inasprimento della concorrenza e della contraddizione di fondo del sistema tra capitale e lavoro salariato.
L’imperialismo è il capitalismo monopolistico. Si basa sulle grandi società per azioni, sui monopoli, sull’aumento dell’importanza dell’esportazione di capitale rispetto all’esportazione di merci, sulla creazione di capitale finanziario (come fusione di capitale industriale e bancario), sulla divisione e sulla ridivisione dei mercati e dei territori.
Queste caratteristiche non riguardano solo gli Stati al vertice della piramide imperialista, ma sono uniformi; riguardano tutti gli Stati, più o meno forti, perché l’epoca monopolistica e reazionaria del capitalismo è unica.
Ogni Stato capitalista fa parte del sistema imperialista e persegue una politica imperialista, in base alla sua forza economica, politica e militare, all’interno di una rete di interdipendenze e dipendenze ineguali, con cambiamenti e riallineamenti causati dalla legge dello sviluppo ineguale. Nell’era dell’imperialismo, tutti gli Stati borghesi sono in competizione per gli interessi dei loro monopoli.
Di conseguenza, confinare la percezione dell’imperialismo agli Stati Uniti e alla loro politica estera aggressiva o alla politica dei potenti Stati dell’Unione Europea, supera in modo infondato il contenuto socio-economico dell’imperialismo e la natura reazionaria del sistema.
L’analisi che riduce l’imperialismo agli Stati Uniti porta a conclusioni politiche sbagliate, a posizioni che promuovono l’alleanza della classe operaia con settori dei suoi sfruttatori, con settori della classe borghese, in nome del confronto con l’imperialismo statunitense e della salvaguardia dell'”indipendenza nazionale”.
Questa opzione intrappola le forze operaie e popolari, lasciando intatta la classe borghese, mentre quest’ultima promuove i propri interessi all’interno di ogni Paese e nella competizione internazionale e partecipa alla pianificazione delle alleanze imperialiste.
La legge dello sviluppo ineguale, come caratteristica del capitalismo, forma relazioni oggettivamente diseguali, alcuni Stati si distinguono e sono al vertice della piramide imperialista per la loro forza economica, politica e militare, ma questo non esonera le classi borghesi e gli Stati borghesi che sono più deboli nel sistema imperialista e cercano il loro potenziamento.
La correlazione di forze tra gli Stati capitalisti sta cambiando. I forti Stati creditori del XX secolo sono diventati oggi Stati debitori (ad esempio, il grande debito nazionale attuale di Stati Uniti, Francia e Italia), mentre la Cina è oggi uno Stato creditore. Il cambiamento della forza della Gran Bretagna rispetto all’India dal XX al XXI secolo è un altro esempio tipico.
I monopoli con sede in Grecia controllano l’economia ed esportano capitali in molti Paesi. Il capitale navale greco è al vertice della navigazione mondiale. La classe borghese cerca il suo potenziamento strategico, i governi borghesi che hanno coinvolto il nostro Paese nella NATO e nell’UE partecipano a un gran numero di missioni imperialiste all’estero e alla spartizione del bottino.
In terzo luogo, il becchino del sistema che è la classe operaia, cioè la forza trainante della società e il portatore dei nuovi rapporti di produzione socialisti, si è evoluto nel contesto del capitalismo monopolistico. Le forze produttive si sono ulteriormente sviluppate, le condizioni materiali per la nuova società socialista sono maturate.
Il capitalismo ha superato i suoi limiti storici, è marcio.
La nostra epoca è un’epoca di transizione dal capitalismo al socialismo-comunismo. La controrivoluzione non cambia il carattere della nostra epoca. Al contrario, lo conferma. Evidenzia ulteriormente la barbarie del sistema di sfruttamento basato sul potere del capitale, sulla proprietà capitalistica dei mezzi di produzione e sul criterio del profitto.
La contraddizione fondamentale tra il carattere sociale della produzione e del lavoro e l’appropriazione capitalistica dei loro prodotti, la contraddizione capitale-lavoro, si sta acuendo, assumendo dimensioni senza precedenti e deve essere risolta dalla rivoluzione socialista.
Il carattere della rivoluzione non è determinato dalla correlazione delle forze, ma dalla maturazione delle condizioni materiali per il socialismo e dalla contraddizione di fondo che quest’ultimo è chiamato a risolvere; si tratta di una questione cruciale che pone ai nostri giorni (nell’era dell’imperialismo) la necessità di cambiamenti programmatici con il carattere socialista della rivoluzione e la lotta per il potere dei lavoratori come questione centrale.
Oggettivamente, non esiste uno stadio intermedio tra capitalismo e socialismo-comunismo perché non esiste un potere intermedio tra quello borghese e quello operaio. Qualsiasi soluzione governativa sul terreno del sistema riproduce il potere del capitale e la proprietà capitalistica dei mezzi di produzione, mantiene lo sfruttamento della classe operaia da parte del capitale, lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo.
Gli approcci che riflettono, a nostro avviso, le errate analisi precedenti e le scelte strategiche del movimento comunista sulle “fasi di transizione”, sui “governi antimonopolistici”, insieme alla socialdemocrazia, che si è dimostrata in grado di difendere e perpetuare lo sfruttamento capitalista, minano il progresso del movimento e giocano un ruolo chiave nell’attuale crisi del movimento comunista.
Il riferimento unilaterale al “neoliberismo” indebolisce la lotta contro la strategia del capitale promossa dalle politiche anti-popolari sia liberali che socialdemocratiche, a seconda delle circostanze. Scagiona la gestione socialdemocratica del sistema, pone falsi dilemmi e confonde le forze popolari.
I cosiddetti governi progressisti hanno mantenuto, come era prevedibile, le basi del capitalismo; hanno appoggiato lo Stato borghese e ne sono stati sostenuti; hanno sostenuto il potere dei monopoli, sono stati integrati nel sistema, hanno imposto misure anti-popolari e hanno provocato l’indignazione popolare, sopprimendo le mobilitazioni popolari e minando l’azione dei PC. Hanno costituito un terreno di coltura per le forze reazionarie che sono tornate a governare, nel contesto di un circolo vizioso di alternanza di forze politiche borghesi che gestiscono il capitalismo.
Questo risultato è stato dolorosamente dimostrato dai noti “esperimenti” in Europa, in America Latina e in tutto il mondo.
Non solo non c’è stato alcun cambiamento nella correlazione di forze a favore dei comunisti, a favore della classe operaia e dei suoi alleati, ma in pratica il movimento operaio è stato disarmato. I partiti comunisti che hanno partecipato a questi governi hanno perso la loro autonomia ideologica, politica e persino organizzativa.
La lunga esperienza ci insegna che la partecipazione o il sostegno dei partiti comunisti ai governi borghesi rende i comunisti responsabili della perpetuazione dello sfruttamento capitalistico e ne affligge la credibilità.
La lotta per il rovesciamento del capitalismo, per il potere operaio è un faro nel lavoro dei comunisti, dà forza alla lotta di classe quotidiana, solleva l’urgenza di raggruppare il movimento operaio, di formare un’alleanza sociale tra la classe operaia, i contadini poveri, i lavoratori autonomi, di sviluppare la lotta antimonopolistica, anticapitalistica, per il rovesciamento, in opposizione alla logica della riforma del sistema e dell’utopia di “umanizzare il capitalismo”.
Il KKE in Grecia svolge un ruolo di primo piano nella lotta su tutti i fronti che riguardano i diritti e i bisogni dei lavoratori e delle persone, contro i prezzi elevati e la povertà energetica, per i contratti collettivi, l’aumento dei salari e delle pensioni, la salute e l’istruzione, e sostiene la lotta del Fronte Militante di Tutti i Lavoratori (PAME), che riunisce nelle sue file centinaia di organizzazioni sindacali.
Nel nostro Paese si stanno svolgendo lotte importanti, con conquiste più o meno grandi. In settori come l’edilizia, nel monopolio della COSCO nel porto del Pireo, in gruppi come l’e-food, sono stati firmati contratti collettivi soddisfacenti. Lotte di diversi mesi sono state organizzate nella fabbrica di ferro-nichel (LARCO), nelle industrie di fertilizzanti e di petrolio della città di Kavala contro i licenziamenti, nell’azienda vinicola Malamatina di Salonicco. La classe operaia si oppone alla repressione dello Stato borghese.
Il PAME sta radunando nuove forze operaie, conquistando la maggioranza in più sindacati. Ha la maggioranza o è la prima forza in centinaia di sindacati, federazioni e centri sindacali regionali. Le liste del PAME sono al secondo posto nel movimento sindacale dei lavoratori. Più di 500 sindacati hanno partecipato al suo recente Congresso. Si sta preparando una grande mobilitazione di sciopero a livello nazionale per il 9 novembre.
I comunisti stanno svolgendo un ruolo decisivo nel movimento dei contadini in difficoltà, sostenendo le loro richieste legate alla sopravvivenza e le forme combattive della loro lotta, come i blocchi dei trattori sulle strade. Sostengono i lavoratori autonomi della città nella loro lotta, nonostante la correlazione negativa delle forze nelle organizzazioni di terzo livello guidate dalle forze del grande capitale.
Nelle elezioni studentesche, le liste sostenute dalla Gioventù Comunista di Grecia (KNE) hanno ottenuto il primo posto.
Il nostro partito studia e combatte le sue debolezze e cerca di diventare sempre più efficace; il fatto che migliaia di forze operaie e popolari siano in azione in Grecia, sviluppando lotte militanti, è dovuto alla strategia rivoluzionaria del KKE, ai forti legami che ha con la classe operaia, gli strati popolari e i giovani. È dovuto alla specializzazione del suo intervento ideologico di massa nelle donne; è dovuto al confronto ideologico e politico complessivo con i partiti della destra e della socialdemocrazia, con la pseudo-sinistra integrata nel sistema, con l’opportunismo.
Di tanto in tanto, in vari Paesi, scoppiano grandi mobilitazioni, rivolte popolari, espressioni di massa e dinamiche dell’indignazione popolare. I recenti esempi in Kazakistan, lo scorso gennaio, e in Sri Lanka, la scorsa primavera ed estate, sono tipici e i comunisti hanno il dovere di studiare questi eventi, per trarne delle conclusioni. Questi e altri esempi sottolineano che oggi, in condizioni non rivoluzionarie, è necessario un lavoro ideologico-politico sistematico per preparare il fattore soggettivo (cioè il Partito, la classe operaia e i suoi alleati) alla prospettiva della rivoluzione socialista, tenendo conto che il periodo del suo scoppio è determinato da condizioni oggettive, dall’emergere di una crisi che abbraccia tutti i campi, come l’economia, la politica e altri meccanismi statali, cioè una situazione rivoluzionaria.
In quarto luogo, il nostro Partito, attraverso lunghi anni di ricerca sul rovesciamento del socialismo in URSS, è giunto a conclusioni essenziali che hanno arricchito la sua strategia e la sua percezione della costruzione socialista.
Il socialismo è stato rovesciato “dall’interno e dall’alto”, nel contesto dell’erosione opportunista del PCUS, in un processo di tentativo di affrontare i problemi della costruzione socialista, utilizzando strumenti capitalistici, elementi del “mercato”, alterando, minando i principi della costruzione socialista, la proprietà sociale dei mezzi di produzione e la pianificazione centrale.
In questo contesto, si creò e si sviluppò uno strato sociale i cui interessi non rientravano nel socialismo e che si espresse a livello politico di partito e di Stato. La Perestrojka è stata l’ultimo atto di questo dramma.
È quindi necessario discutere di questi temi, affrontarli seriamente, esaminarli.
Tanto più che oggi si sta sviluppando un attacco organizzato contro i principi della rivoluzione e della costruzione socialista.
Si moltiplicano le posizioni che esaltano il cosiddetto socialismo di mercato; il “socialismo di mercato” porta alla negazione dei principi di socializzazione dei mezzi di produzione e di pianificazione scientifica centrale; promuove l’attività economica delle imprese capitaliste; adotta il criterio del profitto e legittima lo sfruttamento della classe operaia da parte del capitale.
Ma questo è capitalismo, non socialismo, ed è urgente sollevare la questione apertamente, affinché ogni partito si assuma le proprie responsabilità prima che sia troppo tardi.
Il KKE ha presentato la sua posizione sulla Cina e sul suo corso capitalistico, ha documentato la posizione che i rapporti di produzione capitalistici prevalgono in Cina da molti anni, che i monopoli dominano e si rafforzano in tutti i settori e che la forza lavoro è una merce con un alto grado di sfruttamento.
I monopoli con sede in Cina, con il sostegno dello Stato, si stanno espandendo in tutto il mondo, vengono esportati trilioni di dollari, la “nuova via della seta” viene utilizzata per la penetrazione dei monopoli in Asia, Africa, Europa, America Latina e i profitti del capitalismo si moltiplicano. È in questo processo che sono apparsi in Cina gli oltre 1.000 miliardari che occupano i primi posti della plutocrazia mondiale.
I comunisti hanno dato vita a battaglie epiche sotto la loro bandiera, che è la lotta per il socialismo-comunismo. Su questa strada, sulla strada della Rivoluzione socialista d’ottobre, il movimento comunista può superare la crisi ideologica, politica e organizzativa che si trova ad affrontare, basandosi sul marxismo-leninismo, sull’internazionalismo proletario, sulla difesa dei principi della rivoluzione e della costruzione socialista, e procedendo ad armonizzare la propria strategia con le esigenze della lotta di classe, con il raggruppamento rivoluzionario.
Su questa base, i PC possono rafforzarsi, costruire nuove organizzazioni nelle fabbriche, nei settori strategici e nelle aziende, rafforzare i loro legami con la classe operaia, gli strati popolari, i giovani e le donne di origine popolare.
Su questa base, la lotta può essere rafforzata nel contesto delle guerre imperialiste e della nuova crisi capitalistica generalizzata che è dietro l’angolo, nei complessi sviluppi che ci attendono.
Oggi, a 100 anni dalla fondazione dell’Unione Sovietica, possiamo purtroppo non avere dalla nostra parte una potenza di sostegno alla pace e ai popoli come lo era l’URSS, ma siamo convinti che il socialismo sia il futuro, l’unica via d’uscita alternativa e popolare e che i popoli siano l’unica superpotenza in grado di realizzarlo.
Originale: http://www.solidnet.org/article/22nd-IMCWP-Contribution-by-Communist-Party-of-Greece/