Domani, sabato 5 novembre il “Movimento di lotta – Disoccupati 7 Novembre” a Napoli ha indetto una manifestazione nazionale, invitando a unire sul terreno della lotta tutte le esperienze conflittuali e le vertenze, a partire da quella del Collettivo di Fabbrica GKN, che in questi mesi stanno attraversando il paese. Al centro delle rivendicazioni la necessità di sviluppare una lotta contro carovita, repressione e guerra, che coinvolga il più ampio fronte di classe possibile. Un appello fondamentale, che vuole porre con forza la necessità di “bandire ogni confine geografico e formale tra le lotte” per costruire “un fronte unico che si misuri nel fuoco delle lotte e dello scontro di classe, che parta dalle mobilitazioni dei disoccupati per il lavoro e il salario, contro il carovita dilagante, da quelle degli studenti contro la scuola di classe, i rincari e lo sfruttamento in alternanza, dai lavoratori in sciopero nei magazzini e nelle fabbriche per rivendicare migliori condizioni di vita.”.
Un appello a cui è importante che rispondano presenti gli studenti e le studentesse e più in generale i giovani degli strati popolari, perché la lotta dei disoccupati e degli operai è la loro stessa lotta.
Non si tratta semplicemente di sostenere una battaglia giusta, come quella per il lavoro, o di ricambiare la solidarietà che i Disoccupati 7 Novembre hanno ampiamente dimostrato nei confronti del movimento studentesco, ma di trovarsi nella stessa piazza perché la radice dei problemi che studenti, lavoratori e disoccupati si trovano a vivere è la stessa.
Da anni il movimento studentesco denuncia il carattere di classe dell’istruzione. Un’istruzione che non fa che accentuare le diseguaglianze sociali, con una didattica totalmente asservita agli interessi padronali, che rischia di perdere qualsiasi carattere formativo se non nella misura in cui la formazione è subordinata all’acquisizione di competenze utili per le aziende private. Questo modello d’istruzione l’hanno costruito e sostenuto i governi di ogni colore politico degli ultimi decenni, lo continuerà a portare avanti il Governo Meloni e sarà utile soltanto per i padroni che vedono nella scuola e nelle università dei settori su cui proiettare i loro bisogni per massimizzare i profitti.
In un mondo del lavoro che ha raggiunto una quota di 3 vittime al giorno nell’ultimo anno vengono catapultati anche gli studenti delle scuole superiori attraverso l’alternanza scuola-lavoro. Soprattutto gli studenti di estrazione popolare, degli istituti tecnici e professionali, sono costretti attraverso stage a fornire manodopera gratuita e senza tutele nelle stesse fabbriche in cui i padroni, dietro al concetto di “libertà d’impresa”, rivendicano la libertà di sfruttare e risparmiare sulla sicurezza finché non accadono “dei tragici incidenti”. Su questo pesano tanto le responsabilità dei governi di centro destra, di centro sinistra e tecnici che hanno governato l’Italia negli ultimi decenni, quanto la complicità dei sindacati confederali che per anni si sono dimostrati accondiscendenti rispetto alle politiche antipopolari volte alla compressione dei salari e all’azzeramento dei diritti per i lavoratori.
Licenziamenti, morte, precarietà, sfruttamento, salari da fame ed orari insostenibili oggi sono una condizione che accomuna milioni di lavoratori nel nostro paese; lo saranno anche per i lavoratori di domani se non verrà costruita un’ampia opposizione di classe, in grado di connettere e dare forza alle istanze delle lotte più conflittuali che si stanno organizzando nel paese.
La disoccupazione è una delle peggiori barbarie che il sistema in cui viviamo ha da offrire: una condizione che oggi vivono migliaia di persone e una nube nera che grava sulle aspettative verso il futuro di milioni di giovani. Alzarsi la mattina e non sapere come dar da mangiare ai propri figli, essere portati ad invidiare la condizione del lavoratore sfruttato perché almeno lui il suo salario da fame lo ha, vivere alla giornata di lavori discontinui e saltuari per poter campare. La disoccupazione nel sistema economico in cui viviamo svolge una funzione ben precisa: ossia quella di mettere i lavoratori in competizione tra loro per il salario, consentendo di livellarlo al ribasso, a tutto vantaggio dei padroni che proprio su questo ribasso massimizzano i loro profitti.
Mai nessun governo si è mai interessato seriamente alla questione disoccupazione con l’obiettivo di garantire la piena occupazione e anche il Governo Meloni non sembra voler offrire risposte certe a chi lotta perché tutti abbiano un lavoro.
Ma disoccupati, studenti e lavoratori non hanno in comune soltanto la condizione di doversi trovare a lottare contro politiche governative che hanno la medesima matrice filo padronale; sono anche e soprattutto investiti trasversalmente dai tre temi che saranno centrali nella manifestazione di Napoli: carovita, repressione e guerra.
Carovita, perché l’inflazione e l’aumento dei prezzi, tanto dei beni di prima necessità quanto delle bollette si sta abbattendo con forza sulle famiglie proletarie e sta mettendo in discussione anche la possibilità di accedere al diritto allo studio per gli studenti delle fasce popolari che non possono permettersi i costi di una scuola e un’università sempre più inaccessibili. Repressione, perché i manganelli che si sono scagliati contro gli studenti nelle piazze dello scorso anno sono gli stessi che colpiscono i disoccupati nelle piazze e gli operai in sciopero davanti ai propri luoghi di lavoro e se non si riuscirà a costruire un fronte unico contro la repressione sarà più facile dividere e indebolire le lotte di tutti. Guerra, perché le conseguenze del conflitto in Ucraina vengono scaricate sulle spalle degli strati popolari: sia in termini di peggioramento delle proprie condizioni di vita a causa della crisi energetica, e probabilmente in futuro anche alimentare, sia in termini di rischio di un’escalation militare, anche nucleare, che potrebbe togliere la vita a decine di milioni di proletari.
E allora se così stanno le cose, sarà importante trovarsi tutti nella stessa piazza e tirare quel filo rosso che unisce la condizione degli studenti, quella degli operai e quella dei disoccupati sul terreno della lotta di classe. Lo stesso filo rosso che si dovrà continuare ad intessere nei prossimi mesi per costruire un grande fronte di lotta in grado di contrastare le politiche antipopolari del governo e che sappia indicare chiaramente che gli unici che guadagnano dalla miseria e dalla povertà delle masse sono i padroni. Quei padroni che dall’inizio della crisi hanno spesso visto aumentare in maniera esorbitante i propri profitti e che fanno profitti su quello che per noi è il carovita. Quei padroni che vedono nella guerra un’opportunità di crescita economica. Quei padroni che se le avanguardie di classe di questo paese si organizzano insieme iniziano ad avere paura perché le ingiustizie e le disuguaglianze su cui poggiano la loro ricchezza possono essere messe in discussione.
Il 5 novembre tutti e tutte a Napoli per costruire un fronte unico di classe e rilanciare le lotte verso lo sciopero generale del 2 dicembre. Uniti si vince!