Di Flavia Lepizzera
Il nove novembre ricorre l’anniversario della caduta del muro di Berlino. Non passa un anno senza che, in questo giorno, a scuola gli studenti sentano squillare le trombe della propaganda anticomunista. La tendenza degli ultimi trent’anni è stata quella di presentare come un bilancio imparziale e intellettualmente onesto una mistificazione storica che si serve di categorie e della narrazione partorita negli ambienti del blocco occidentale durante la guerra fredda. In questa ottica, la caduta del muro di Berlino diventa il felice evento che mette fine per sempre ad un esperimento fallito. Con questo giorno, in altre parole, si ricorda la fine di una piccola deviazione dalla retta via verso il capitalismo odierno, di un inciampo che avrebbe prodotto solo miseria e deprivazione della libertà.
È questa la direzione che, con zelante e notevole impegno, intraprende anche l’attuale ministro dell’istruzione, che ieri ha pubblicato una circolare ministeriale dedicata a questa giornata e rivolta ai ragazzi delle scuole del paese.
Nella circolare si legge che il governo ha istituto nel giorno del 9 novembre “la giornata della libertà” e si invita la comunità studentesca a “riflettere” sugli spunti forniti- che pure lasciano molto poco spazio a qualsiasi tipo di elaborazione. Per tanto, accogliamo l’invito del ministro e riflettiamo sulla circolare promulgata.
Prima di entrare nel merito di alcuni passaggi del testo, è importante che venga sollevata una riflessione anche sull’ elemento che segue: questa circolare è stata diffusa a tutti gli studenti della scuola italiana, scavalcando i loro docenti. La stessa intestazione non è indirizzata ai docenti delle scuole, ma ai dirigenti scolastici. Figure che, soprattutto grazie a riforme come la Buona Scuola, hanno ben poca funzione educativa e sono, anzi, assimilabili ad un ruolo intermedio tra un funzionario del ministero e un manager che gestisce il bilancio della scuola.
Questo fatto ha una sua rilevanza: un giudizio storico sommario, di meno di una pagina, scritto direttamente da un politico di destra, che non aggiunge nè toglie la minima nozione alla preparazione dei ragazzi nè lascia spazio ad alcuna elaborazione ulteriore, viene messo direttamente nelle mani degli studenti con la pretesa di essere di insegnamento. È evidente come questa operazione rappresenti una sostanziale violazione della libertà di insegnamento e un’intromissione nel rapporto di apprendimento con funzione di controllo politico. Propinare questa mistificazione ideologica ai giovani senza che nessuno fornisca loro il men che minimo strumento per la lettura nè per la conoscenza delle vicende che la circolare si limita a menzionare è una precisa scelta pedagogica e politica. Vuol dire promuovere un modo di fare scuola che è ben lontano dall’incentivare lo sviluppo del senso critico e del sapere approfondito. Con un solo dispositivo, quindi, il ministro si intromette nel merito e nel metodo dell’insegnamento. In questa circolare non viene richiesto nessun processamento, nessuna riflessione storica, ci si limita ad alludere a fatti spesso vaghi nella testa degli studenti.
Si riconferma, dunque, una concezione della scuola che promuove una formazione approssimativa e fortemente ideologica, indirizzata a crescere lavoratori silenziosi e incapaci di analizzare ciò che li circonda.
Il testo del Ministero si apre presentando il progetto politico comunista come una grande utopia, secondo il ministro evidentemente è un sogno sciocco quello di pensare che chi lavora e produce la ricchezza possa vivere senza il peso quotidiano dello sfruttamento, della miseria e della repressione. Non solo non esiste alcuna menzione a nessun elemento dell’impianto teorico del marxismo, ma anzi le viene data una dimensione quasi messianica nella ricerca dell’ “uguaglianza, la libertà e la felicità assolute e perfette” e nel tentativo di realizzare “il paradiso in terra”. Il primo attacco è, dunque, sottile ma rilevante: il comunismo non è qualcosa di serio, ma viene presentato come un’allucinazione collettiva. Non è una visione del mondo capace di cogliere le contraddizioni e figlia di un impianto filosofico che si è posto il problema- per esempio- di sradicare l’idealismo di cui il Ministro la taccia. Non è una proposta politica con un programma, è piuttosto una sorta di fede, un’utopia. Non solo questa ideologia appartiene al passato e ha “dimostrato il suo esito fallimentare”, ma evidentemente è anche fuori da ciò che è reale, propone la realizzazione dell’irrealizzabile.
Se volessimo leggerla invertendo l’ordine degli addendi diremmo che quindi lo sfruttamento, la mercificazione dell’essere umano, la devastazione ambientale sono dunque l’unica delle realtà possibili, “limiti” a cui dobbiamo semplicemente rassegnarci. Il modo di sviluppo che viviamo oggi avrebbe delle contraddizioni, si, ma necessarie. L’alternativa, del resto, sembra essere un’inconsistente pazzia, incapace di cogliere la complessità, una follia per ignoranti.
Nella circolare, si prosegue con quello che dovrebbe essere un’analisi dell’impatto storico del comunismo, ma che di fatto è un giudizio politico veicolato come un proclama che non fornisce minima argomentazione né riferimento ad alcun fatto storico che dimostri in cosa consista “l’incubo” in cui il comunismo avrebbe riversato l’umanità. Il comunismo viene presentato come un male radicale, nel dare un giudizio sul suo impatto storico non compare una parola sul ruolo che il blocco socialista e i comunisti partigiani europei hanno avuto nella liberazione dal nazifascismo, cosa che evidentemente il ministro non deve considerare particolarmente positiva.
Men che meno viene anche solo accennato il ruolo dei comunisti nell’avanzamento dei diritti dei lavoratori, delle donne, dell’infanzia in tutta Europa. Certo il ministro non poteva dire che nel 1917 in Unione Sovietica la giornata lavorativa era di otto ore ed era garantita la malattia o che l’aborto era legale e gratuito (mentre in Italia lo diventerà solo 60 anni dopo). Nè poteva dire che probabilmente questi diritti non sarebbero mai stati conquistati in Italia se non fosse stato per lotte animate dai comunisti e per la paura che i lavoratori avessero la malsana idea di replicare l’esempio russo. Non è un caso che a definire il socialismo come spietato, violento e liberticida sia proprio chi vuole cancellare oggi i diritti fondamentali dei lavoratori e delle lavoratrici, lasciandone morire a centinaia sui luoghi di lavoro, incentivando contratti flessibili e scappatoie per aumentare le ore di lavoro giornaliero e imporre ritmi estenuanti, scaricando il peso dell’inflazione e del caro vita sui salari, cancellando l’assistenza pubblica e alleggerendo la fiscalità per le fasce più ricche della popolazione.
Non c’è molto da stupirsi del fatto che all’On. Valditara non piaccia l’esempio storico di un sistema che garantiva a tutti l’accesso gratuito ad ogni grado dell’istruzione, se si pensa che egli ha contribuito di suo pugno alla stesura della Riforma Gelmini, che ha messo in ginocchio il sistema scolastico ed universitario italiano con tagli miliardari e drastiche riduzioni di organico, avviandolo verso l’aziendalizzazione. Chi decide di subordinare gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione al profitto di pochi, gestendo la scuola come un costo da ammortizzare il più possibile e ristrutturandola per venire incontro alle esigenze dei padroni, deve minimizzare e annichilire esperienze storiche che hanno dimostrato che un’alternativa a questo modello è possibile, per poter legittimare il proprio operato.
È inoltre interessante notare come si utilizzi la categoria di identità europea, presentando il continente come qualcosa che pur dovendo essere unito risultava diviso dal muro. Per quanto evidentemente antistorico, l’elemento dell’identità europea applicato ai fatti inerenti e successivi alla seconda guerra mondiale e alla guerra fredda è qualcosa di diffuso tra gli storici più ferventemente anticomunisti.
Questa narrazione, tutta ideologica, permette di individuare ad est il nemico storico della democrazia e della libertà di cui oggi sarebbe garante l’Unione Europea. Le massime conseguenze che può avere l’utilizzo di queste categorie sono molte e assai pericolose, basti pensare che lo storico Nolte, educato nel Reich e giustificazionista del nazismo, definiva gli stermini nazisti come una sorta di necessaria reazione europea alla violenza della rivoluzione bolscevica.
Scegliere di adottare questa narrazione ha però soprattutto una primaria valenza ideologica nell’attualità. Il ministro ci presenta la guerra fredda come lo scontro tra tutto ciò che è buono (libertà/umanità/giustizia) e il maligno impero sovietico, tra la democrazia e il totalitarismo. Queste categorie, lungi dall’essere super partes, nascono negli ambienti intellettuali e politici più allineati al blocco occidentale durante la guerra fredda.
Il quadro che dipinge il ministro è quello di una buona e unita Europa contro un cattivo impero in espansione, secondo una formulazione che ricorda molto il famoso evil empire di Reagan. Giunti a questo punto, il parallelismo con il presente e con la propaganda a favore della guerra viene facile. Si cita il risorgere di “aggressive nostalgie dell’impero sovietico” come “nuove minacce per la pace in Europa”, ammiccando poco velatamente all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin. In questa parte diventa ancora più evidente la vera funzione di questa circolare: utilizzare il revisionismo e la narrazione anticomunista per legittimare il posizionamento dell’Italia nello scontro inter-imperialista in atto e garantire fedeltà, da parte del nuovo governo, alla Nato e all’UE, ribadendone il carattere filo-atlantista. In questa ottica ecco che l’intervento europeo e la guerra imperialista in corso in Ucraina diventano una questione di mantenimento della pace, lealtà all’identità europea e giustizia contro il rigurgito di “orrori” passati.
Questa narrazione falsata della realtà odierna ben si presta dunque a giustificare storicamente atteggiamenti bellicisti e il pieno supporto alla prosecuzione del conflitto in atto, i cui costi vengono fatti pagare tanto al popolo Ucraino, quanto a quello Russo e ai popoli del resto dell’Europa.
Se gli studenti di tutta Italia non se ne fossero accorti, ecco che il ministro notifica loro che morire a 18 anni lavorando gratis, subire rincari che spesso rendono la scuola inaccessibile e vivere sotto la minaccia costante della guerra sono sintomi di libertà, mali necessari, ma altrettanto inevitabili pur di mantenere lo status quo.
La lettera agli studenti si conclude così “il crollo del Muro di Berlino segna il fallimento definitivo dell’utopia rivoluzionaria. E non può che essere, allora, una festa della nostra liberaldemocrazia. […] l’unico ordine politico e sociale che possa dare ragionevoli garanzie che umanità, giustizia, libertà, verità non siano mai subordinate ad alcun altro scopo.”
Non può che suonare in questo modo la chiosa ad una lettera che si inserisce nel lungo filone di attacchi ideologici volti a slegare le classi popolari dalla loro storia, a cancellare le vittorie dei lavoratori e degli studenti e a disarmarli degli strumenti politici che permettano loro di mettere in discussione il sistema di sfruttamento per difendere e conquistare i propri diritti.
Il ministro dice agli studenti che non esiste alcuna alternativa al futuro di precarietà e devastazione ambientale che ci aspetta, agli stage gratuiti, all’impoverimento culturale del nostro sistema scolastico e al suo asservimento ai bisogni della produzione capitalistica. Lo fa proclamando la morte di qualsiasi prospettiva rivoluzionaria. Il ministro parla di libertà, giustizia e verità, come caratteristiche del nostro attuale sistema di produzione e di vita.
Se la sua idea di libertà è quella di sfruttare gli studenti in alternanza scuola-lavoro e mandarli a morire in fabbrica durante stage gratuiti e senza tutele, se la sua idea di giustizia è rappresentata da un sistema scolastico classista in cui il diritto allo studio è reso sempre più inaccessibile dai costi e dalle barriere immateriali, se la sua concezione di verità è parlare di pace e fare la guerra, noi non ci stiamo. Forse nella lettera Valditara si è dimenticato di menzionare che il sistema che celebra ha portato l’umanità sull’orlo della catastrofe ambientale e condanna ogni giorno milioni di persone alla fame, alla miseria e alla morte.
Non lasceremo che ci convincano a chinare la testa. Sappiamo che l’alternativa è possibile e marcia sulle gambe di centinaia di giovani studenti comunisti che in tutta italia si battono ogni giorno nelle proprie scuole. È nostro compito costruire un mondo più giusto, tanto quanto è compito di un ministro servo dei padroni dirci che non è possibile farlo.
Possiamo ricominciare a vincere. La lotta e l’organizzazione sono gli unici strumenti che abbiamo per non soccombere e per conquistare un futuro dignitoso.
Per questo il ministro ci troverà in piazza il 18 novembre contro il governo Meloni. Per la Pace. Per una scuola accessibile a tutti, in cui non si lavori gratis per il profitto dei padroni!