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Perché chi sostiene il riarmo europeo infanga la Resistenza

di Markol Malocaj

 


 

Il 25 aprile si avvicina e i partigiani avrebbero molto da dire quest’anno, e non certo a favore dei “luminari” guerrafondai che scrivono su Repubblica o La Stampa. Traboccano, e si moltiplicheranno nei prossimi giorni, gli appelli ad essere “Partigiani d’Europa” pur di giustificare l’insostenibile carneficina in Ucraina, effettuando una mistificazione e revisione della storia della lotta partigiana davvero vergognosa. Vacciniamoci da questa propaganda con l’elmetto, riportando la verità in primo piano.


“ReArm Europe”: un piano inclinato verso il baratro

L’80° Anniversario della Liberazione si svolge in un contesto politico, nazionale ed internazionale, in cui il mondo si trova in un piano inclinato che scivola vertiginosamente verso una guerra generalizzata. L’ultimo mese è stato caratterizzato da una parte dallo scontro commerciale, a colpi di dazi, tra gli USA, Cina e paesi UE, e dall’altra, dall’approvazione da parte della Commissione Europea del programma di investimento bellico “ReArm Europe”, del valore di 800 miliardi. Nell’avvicendarsi, in maniera più o meno prevedibile, delle contraddizioni inter-imperialistiche, ciò che osserviamo è il tentativo da parte dell’UE, attraverso il progetto di riarmo europeo, di rafforzare la sua strategia sull’economia di guerra e sugli armamenti, intensificando il proprio coinvolgimento nella guerra imperialista in Ucraina, e al contempo di sfruttare le frizioni con gli USA al fine di compattare sul piano “interno” i vari Stati membri. L’obiettivo, in tal senso, è quello di riuscire a giocare un ruolo di primo piano nel conflitto in Ucraina, nelle condizioni di un incremento degli antagonismi euro-atlantici e di un possibile avvio dei negoziati tra USA e Russia.

Quando parliamo del “ReArm Europe Plan”, ci riferiamo specificamente a:

  • 650 miliardi di euro, utilizzati per l’aumento delle spese militari di ogni Stato membro, facendo così arrivare la spesa bellica ad almeno il 3,5% del loro PIL;
  • 150 miliardi di euro, erogati sottoforma di prestito;
  • Sussidi, agevolazioni e finanziamenti alle industrie belliche attraverso la Banca Europea;
  • Appalti congiunti e produzione di armi a livello UE, con sovvenzioni per mitigare la dipendenza di armi dagli USA e da altri concorrenti, al fine di rafforzare i gruppi e le aziende belliche dell’UE in questa competizione.

È evidente come il costo di questa operazione sarà pagata, ancora una volta, dai popoli. Nello specifico, non solo c’è la scure del debito dei 750 miliardi del Recovery Fund da dover corrispondere nei prossimi anni: ora si aggiungono altri soldi che verranno ottenuti tagliando alla spesa sociale (salari, pensioni, sanità, istruzione…) e utilizzando forme di debito comune che in un modo o nell’altro dovranno essere ripagate dalle tasche dei lavoratori. Per quanto riguarda l’Italia, si parla di aumentare le spese militari da 33 miliardi a 70 miliardi in quattro anni, arrivando al 3% del PIL.

Insieme a ReArm Europe, è stata anche pubblicata la strategia dell’UE del “Libro Bianco della Difesa europea”, in cui sono descritte le politiche da attuare in modo tale da rendere pronta l’UE per un confronto militare diretto con la Russia entro cinque anni. Questo documento è la continuazione “con altri mezzi” della risoluzione approvata nelle scorse settimane – votata da PPE, Socialdemocratici, Liberali, Estrema Destra e Verdi – in cui si effettua, ancora una volta, una disgustosa equiparazione tra comunismo e nazismo. Sfruttando il contesto della guerra imperialista in Ucraina, attraverso questa risoluzione i governi borghesi europei prendono due piccioni con una fava: da una parte rafforzano la propaganda anti-russa, tentando di giustificare agli occhi della popolazione una politica maggiormente aggressiva nei confronti del governo russo, dall’altra attaccano i comunisti assieme al movimento operaio costruendo una falsissima e mistificatoria coincidenza tra l’URSS socialista e la Russia capitalista di oggi.

Il “Libro bianco” fa riferimento alla necessità di avere una “preparazione per le emergenze militari più estreme” e chiede, tra l’altro, che la spesa militare possa raggiungere il 5% del PIL, oltre che l’ulteriore aggiunta di una tassa “pro-capite” pari allo 0,25% del PIL di ogni Stato membro per gli aiuti militari all’Ucraina, la creazione di una “Banca della Difesa” e l’emissione di Eurobond militari.

Inoltre, una parte fondamentale di questa strategia è la cosiddetta “Military Mobility”, ovvero il piano dal costo di 70 miliardi di sviluppo intermodale ed inter-operativo per lo spostamento di pericolosi armamenti militari e materiale bellico, in modo tale che possano circolare agevolmente e senza ostacoli nell’UE.

È indicativo anche il fatto che l’UE abbia annunciato che le risorse del cosiddetto “Fondo di Coesione” saranno reindirizzate alle spese per la guerra. I pochi fondi destinati alla prevenzione degli incendi, delle inondazioni e per i progetti antisismici verranno destinati all’industria bellica.

L’Unione Europea cala ancora una volta la maschera mostrando il suo vero volto: quello di un’alleanza imperialista orientata a difendere gli interessi dei grandi gruppi imprenditoriali e delle banche. Questo è reso ancora più evidente dal fatto che per anni ci è stato raccontato, come un sorta di mantra, che il Patto di Stabilità era inviolabile e che era necessario per tutti “stringere la cinghia” e fare sacrifici, salvo poi andare in deroga a quello stesso vincolo nel momento in cui c’era da sostenere con fondi a pioggia le imprese durante la crisi del Covid oppure, come in questo caso, quando la necessità è quella di rinnovare lo sforzo nella guerra imperialista.

Partigiani d’Europa o Partigiani della Pace?

Se quanto scritto sopra è vero, viene da chiedersi necessariamente con quale coraggio i partiti del centrosinistra e i liberali possano sfruttare la Resistenza e la lotta partigiana per giustificare un abominio del genere. Bisognerebbe ricordare ai vari aderenti alla manifestazione guerrafondaia del 15 marzo – i medesimi che oggi si fanno portavoce di questa retorica – che i partigiani erano quelli che dopo la fine della Seconda guerra mondiale avevano promosso, assieme ai partiti comunisti di 72 paesi, il movimento di massa denominato “Partigiani della pace” sotto le parole d’ordine della contrarietà alla NATO e  della pace fra i popoli. Chi aveva vissuto gli orrori di quel conflitto sapeva bene cosa significasse la guerra e il massacro di milioni di persone innocenti. Ancora di più, si rendevano benissimo conto di cosa questo avrebbe significato nel contesto della presenza di armi di distruzione di massa e nucleari.

Non sarebbero certo andati in piazza a sventolare la bandiera dell’UE – ovvero quella di un’alleanza di morte – e a chiedere l’intervento militare in Ucraina. Questo ci pare chiaro. Così come sappiamo con certezza che i milioni di giovani che hanno dato la vita nella Resistenza, non sono morti per vedere imperare l’UE di banche, monopoli e politiche antipopolari. Crediamo, insomma, che i partigiani fossero autenticamente “Partigiani della Pace”. Non si tratta di vivere di illusioni “pacifiste” come accusa qualche giornalista con l’elmetto o l’influencer “calendiano” di turno. Sappiamo bene che ci sono guerre giuste e guerre ingiuste. La lotta di liberazione in tutta Europa – combattuta col sangue di decine di milioni di donne e uomini e sostenuta prevalentemente dall’URSS e dai comunisti – è stata una di queste guerre giuste, per eliminare la morte e l’orrore causato dalla barbarie nazi-fascista e ridare ai popoli la possibilità di un futuro senza distruzione e paura. Quegli stessi partigiani, in netta prevalenza comunisti, combattevano per il socialismo, per eliminare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, per dare un futuro di uguaglianza e giustizia sociale alle generazioni future.

Quella che si combatte invece in Ucraina oggi è una guerra ingiusta. A pagare pienamente questa carneficina sono i lavoratori e i popoli russo e ucraino, che vengono sacrificati sull’altare del profitto. Bisogna dirlo con chiarezza: le radici di questa guerra stanno nel sistema capitalistico, nello scontro tra borghesie e grandi monopoli finanziari di tutti i paesi per la spartizione di mercati e quote di mercato, per il controllo delle risorse energetiche, naturali e minerarie, delle rotte commerciali e di approvvigionamento, territori e sfere di influenza. Questa guerra è espressione della competizione per la supremazia nel sistema imperialista internazionale e non ha nulla a che fare con l’autodeterminazione dei popoli.

L’ipocrisia dei sostenitori del riarmo è anche questa: ragionano a corrente alternata. Quando si parla del massacro in Ucraina tirano fuori tutto l’armamentario filosofico del liceo, citando Wilson, l’ONU e, se potessero, pure Madre Teresa di Calcutta. Peccato che questo “armamentario” ideologico viene meno quando si parla del diritto del popolo palestinese ad avere uno Stato e ad esistere. Lì si riscoprono senza voce, o, ancora peggio, complici di questo genocidio inaccettabile e a favore de “l’unica democrazia del Medio Oriente”. Chiudono gli occhi di fronte al massacro di decine di migliaia di bambini, donne e neonati: un vero esempio dei valori democratici su cui l’UE è stata costruita.

C’è anche del grottesco in tutto questo marasma. In Italia, l’unità “antifascista” di questi signori a favore della guerra si manifesta anche in un raggruppamento particolare: avere una posizione sul riarmo che li trova d’accordo con Fratelli d’Italia (che sostiene apertamente il piano) e con l’estrema destra. CasaPound, infatti, in una nota salutava con entusiasmo  il piano sottolineando come l’UE «sembra essersi svegliata da quel torpore e immobilismo che ha contraddistinto la sua intera esistenza», giungendo alla conclusione che «Chi non aspira ad un’Europa sovrana, unita e potente non potrà aspirare lo stesso destino per qualunque altra Nazione della stessa, Italia compresa» e che «il riarmo e l’aumento di investimenti in campo militare non può che essere rivolto alla creazione di un esercito europeo unitario, primo passo per un più ampio e complesso progetto di sovranità e indipendenza europea».

È evidente che chi è a favore dell’UE e dei suoi piani di morte offende i partigiani, che hanno lottato per un’Italia ben diversa da quella di oggi, per idee che sono inconciliabili con chi promuove questa alleanza imperialista. Ogni tentativo di utilizzare la Resistenza per inculcare nei giovani l’idea di un “patriottismo europeo” che non esiste, offende la lotta partigiana e il senso stesso del 25 aprile. In questo senso, la riteniamo certamente una data divisiva: tra una minoranza che sostiene il massacro dei popoli e una maggioranza che vuole un futuro fuori dalle macine di questo sistema marcio.

Un 25 aprile contro guerra e riarmo

Di fronte a tutte queste mistificazioni e falsità, occorre farci trovare preparati e in prima linea. Il 25 aprile di quest’anno, forse più di altri anni, assume un valore fondamentale per chi si rivede nei veri valori dell’antifascismo e della lotta partigiana. Siamo convinti che il migliore regalo che possiamo fare oggi ai guerrafondai e ai nostri avversari politici sia abbandonare il campo, come purtroppo anche alcuni a sinistra hanno deciso di fare da qualche anno, regalando ai nostri nemici la possibilità di utilizzare questa ricorrenza come meglio credono.

La maggioranza del popolo nel paese è contro la guerra e le politiche di riarmo. Una maggioranza silenziosa e delusa dalle politiche dei vari governi, che siano essi di centrodestra o di centrosinistra, e che non ha fiducia nelle soluzioni di chi li ha massacrati in tutti questi anni. Occorre ridare protagonismo ai lavoratori di questo paese, far irrompere nella scena politica le proprie rivendicazioni e i propri bisogni, a partire da una data, come quella del 25 aprile, che ha ancora un importante significato per il nostro popolo.

A queste pulsioni dobbiamo dare coscienza e organizzazione, a partire dal rilancio della prospettiva di ricostruzione di un forte e serio partito comunista in Italia, che sia la casa di tutti i lavoratori e gli strati popolari che vogliono lottare contro le politiche di morte di padroni e governo.

Scendere in piazza, nelle attuali condizioni, è ancora più necessario per evitare che l’unica voce sia quella di chi ci vuole coinvolgere nei piani di morte USA-UE-NATO. Sfiliamo, questo 25 aprile, a testa alta, onorando le idee dei partigiani e riprendendo il loro esempio come fiamma per ravvivare la lotta quotidiana contro questo sistema marcio. Non permettiamo a chi è complice dei padroni e dei guerrafondai di appropriarsi di ciò che non gli appartiene.

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