*di Graziano Gullotta
Le inchieste e le analisi non faziose relative al mercato del lavoro e agli ultimi vent’anni di sviluppi drammatici per il proletariato in quest’ambito, hanno il merito di far emergere una verità sostanziale di fondo: il continuo e vorticoso incremento e la conseguente complessificazione delle forme contrattuali del lavoro come arma giuridica della lotta di classe condotta dal padronato nazionale e internazionale operante in Italia, nei confronti del lavoro dipendente.
Questa degenerazione ha una caratteristica evidente: sviluppandosi su un campo di battaglia che vede una sproporzione di mezzi evidente tra borghesi e proletari, in particolare in questa contingente fase storica, produce disastri senza soluzione di continuità, senza trovare alcun baluardo durante la sua opera di devastazione del lavoro dipendente.
Una continua dialettica tra innovazione contrattuale e obsolescenza che crea in continuazione forme nuove e sempre più approfondite di sfruttamento: dal Pacchetto Treu alla Riforma Biagi fino ad arrivare al Jobs Act di stretta attualità, è un continuo susseguirsi di novità nel settore dei rapporti lavorativi. Il capitalismo in crisi, a livello globale ma soprattutto nei paesi più avanzati e in Europa nello specifico, necessita di sempre nuove vie per mantenere alti i propri profitti nella competizione con i mercati più giovani.
Uno dei più potenti grimaldelli con cui il capitale sta scassinando i residui dei diritti sociali storicamente conquistati dai lavoratori europei è l’immigrazione di massa non regolamentata a livello salariale, che provoca una continua corsa al ribasso degli stipendi nei paesi di destinazione delle ondate migratorie. L’altro è storicamente la legislazione sui contratti.
Assimilata ormai appieno dal sistema industriale e commerciale italiano la pratica dell’assunzione tramite agenzia interinale, attraverso rapporti di lavoro che nei numeri e nelle forme stanno sostituendo e in alcuni settori hanno già sostituito de facto le nicchie storicamente composte di rapporti a tempo indeterminato, emergono con prepotenza forme di deregolamentazione, flessibilità e in definitiva di sfruttamento scientifico del lavoro sempre più instabile degli anni che viviamo. L’esempio più lampante di tutto questo è l’impennata dell’utilizzo del voucher, tra deboli regolamentazioni, finte promesse, reali intenzioni e immancabili elusioni.
Il VOUCHER è una modalità di retribuzione del “lavoro accessorio”, una particolare categoria di lavoro per prestazioni occasionali, introdotta in Italia dalla legge Biagi (legge 30/2003). L’introduzione del VOUCHER come metodo di pagamento del lavoratore è invece di cinque anni più recente (agosto 2008), inizialmente concepita solo per il settore agrario. Procedendo speditamente di estensione in estensione venne allargato il suo campo di utilizzo dapprima ai lavori con prestazioni brevi, tipicamente domestici. Successivamente venne esteso ai settori professionali con un tetto massimo di 5000 euro netti annui di retribuzione, fino a diventare oggi una forma contrattuale in piena esplosione con l’aumento del tetto salariale annuo a 7000€ grazie alle modifiche contenute nel famigerato Jobs Act e all’estensione della possibilità d’utilizzo al settore d’industria e artigianato con l’entrata in vigore del DL 81/2015.1
Sulla carta i vantaggi prospettati sin dalla loro introduzione erano riferiti alla possibilità per il lavoratore di emergere dal lavoro nero, con la possibilità di veder calcolati a fini pensionistici e fiscali le proprie ore di lavoro occasionale con un metodo flessibile ma garantito.
La realtà che si presenta davanti ai nostri occhi di osservatori è però ben diversa.
In una recente intervista a Radio Capital, il presidente dell’INPS Tito Boeri ha rilasciato le seguenti dichiarazioni:
“I voucher sono nati per regolarizzare il lavoro accessorio, creare opportunità di lavoro e integrazione per le fasce più marginali del mercato del lavoro, ma hanno avuto uno sviluppo diverso: in alcuni casi abbiamo una precarizzazione evidente, con lavoratori a tempo indeterminato o determinato che adesso hanno i voucher, e in questo senso sono anche controproducenti”.
Nemmeno per quanto riguarda l’emersione del lavoro nero si stanno ottenendo i risultati previsti dal legislatore. Prosegue Boeri nella stessa intervista:
“L’altro grande obiettivo era quello dell’emersione del nero, e per il momento non sembra esserci grande evidenza: quello che viene fuori è che non sono tanti i lavoratori nelle fasce centrali d’età, si vedono poche persone che prima non lavoravano che di colpo prendono voucher. Il livello dei contributi che raccogliamo è basso, circa 150 milioni, lo 0.2% dei contributi totali dei lavoratori dipendenti, mentre i lavoratori che percepiscono voucher sono l’8%: è molto meno di quello che si potrebbe pensare alla luce del numero delle persone coinvolte”. 2
L’introduzione, la diffusione e il potenziamento dell’utilizzo della modalità di retribuzione attraverso il voucher non si può dire sia una misura di contrasto alla crisi economica. Al contrario, come tutte le forme di precarizzazione che nostro malgrado incontriamo, ad una perdita di diritti consegue sempre un ulteriore scalino verso il basso, in una discesa costante che dagli anni ’80 travolge il proletariato italiano, soprattutto nel settore industriale.
È vero invece che sfruttando le condizioni globali di crisi, il capitale italiano sta ristrutturando a fondo i rapporti contrattuali tipici dei decenni di sviluppo precedenti. Il buono lavoro (o voucher) si inserisce in questo solco di lotta di classe. 3 4
Ad un crollo dei contratti a tempo indeterminato, constatata ormai l’inefficacia totale dei provvedimenti del governo Renzi (vedi https://www.senzatregua.it/jobs-act-e-dintorni-i-numeri-smascherano-renzi), corrisponde un boom dell’utilizzo di questi nuovi strumenti, che nella loro sofisticazione e con la loro aurea di “nuovismo” ricordano la sofisticazione ed il nuovismo degli strumenti finanziari più arzigogolati e fraudolenti.
Inoltre è necessario chiarire che in quanto lavoro accessorio, il rapporto tramite voucher non dà diritto a maternità, disoccupazione, malattia o assegni familiari. 5
È bene sottolineare che gli aspetti negativi che abbiamo oggettivamente esposto qui sopra trovano esecuzione in un ambito di piena legalità. Esiste però anche un piano illegale molto diffuso e strettamente collegato con la filosofia di fondo della precarizzazione del mondo del lavoro.
Il fenomeno degli incidenti o dei morti sul lavoro al primo giorno d’assunzione, ovvero la truffa attraverso la quale il datore di lavoro regolarizzava il lavoratore in caso d’incidente, trova una sua evoluzione grazie ai voucher. Una regolamentazione molto lasca fa sì che il padrone acquisti i voucher e poi li possa tenere per un certo periodo di tempo, magari nel frattempo continuando a pagare i lavoratori in nero, e utilizzare i voucher effettivamente soltanto nel momento “adatto”, ovvero un’ispezione dell’INPS, dell’INAIL o simili.
“Quasi sempre il pagamento del voucher (10 euro lordi di cui 7,5 destinati al lavoratore) coincide con il giorno dell’infortunio mentre in precedenza non risulta alcun rapporto tra il datore di lavoro e il lavoratore.” (repubblica.it) 6
Dal dossier: “Il lavoro accessorio 2008-2015, profili dei lavoratori e dei committenti” 7di Anastasia, Bombelli, Maschio, un lavoro congiunto di INPS e Veneto Lavoro, presentato a Venezia il 16 maggio 2016, emergono alcuni dati precisi che ci danno ulteriori informazioni sul fenomeno voucher.
Nel periodo 2008-2015 i lavoratori che rientrano nella categoria del lavoro accessorio sono stati 2,5 milioni. I ricercatori notano che emergono alcune tendenze in maniera chiara e stabile: l’aumento dei “prestatori di lavoro accessorio”, ovvero dei lavoratori “a voucher”; la diminuzione dell’età media; la stabilità del compenso che vede un netto inferiore ai 500 euro; la diminuzione della percentuale maschile sul totale.
Sempre rimanendo nell’analisi dei lavoratori, si registra un turn-over annuale del 60-70%, che rappresenta la quota di “nuovi” lavoratori ogni anno. Il numero di lavoratori che tende a proseguire nel tipo di contratto voucher è circa del 50%. Molto interessante il dato che ci dice l’esistenza di una quota del 20% dei lavoratori che una volta entrati nel sistema dei voucher rimane “invinghiato”.
L’82% dei lavoratori ha un unico committente e nel 2015 il 20% dei lavoratori ha riscosso più di 100 voucher, per una quota di voucher pari al 65% del totale. Esiste quindi un alta concentrazione di voucher in pochi prestatori.
I gruppi omogenei di prestatori risultano essere durante l’anno 2015 suddivisi tra pensionati (8%), soggetti mai occupati (14%), il 23% di “già occupati” negli anni precedenti, gli indennizzati (18%), altri (8%) occupati in lavori domestici, parasubordinati, operai agricoli o autonomi. La fetta più importante è costituita dagli occupati presso imprese private del settore non agricolo, il 29%, vale a dire quasi 400 mila lavoratori. Quest’ultimo dato ci fa capire come questo metodo di pagamento del lavoro sia diventato una forma di sfruttamento ulteriore per togliere diritti al lavoratore rispetto al lavoro secondo contratto nazionale, ad esempio.
Dai dati forniti dall’Inps, da quanto è evidenziato dal dossier sul lavoro accessorio citato e dagli episodi vari della cronaca quotidiana, emerge uno scenario che collima con le nostre analisi di fondo: il voucher è solo uno, il più recente, per adesso, e forse il più “estremo” strumento di destabilizzazione del rapporto di lavoro e di conseguenza della vita di un lavoratore, di un proletario, sia giovane ai primi passi nel mondo lavorativo, o meno giovane in cerca di una occupazione di necessità dopo un licenziamento o una chiusura di azienda: il comune denominatore è la precarietà che va oltre la precarietà come l’abbiamo conosciuta negli anni ’90 e 2000, approfondendo i limiti dello sfruttamento della forza lavoro per assecondare la necessità di extraprofitto di un capitale in crisi globale.
Note
___________________
1 http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2015/06/25/jobs-act-lavoro-accessorio-sale-il-tetto-dei-compensi
3 http://www.reportpistoia.com/toscana/item/35512-toscana-la-crisi-morde-piu-licenziamenti-che-assunzioni-e-boom-di-voucher.html
4 http://bologna.repubblica.it/cronaca/2016/04/23/news/emilia-romagna_boom_di_nuovi_precari_119mila_pagati_coi_voucher-138309417/
5 http://www.tasse-fisco.com/lavoro-dipendente/voucher-inps-buoni-lavoro-cosa-quando-vantaggi/23031/
6 http://www.repubblica.it/economia/2016/04/23/news/i_voucher_utilizzati_per_coprire_gli_infortuni_di_chi_lavora_in_nero-138267843/
7 https://www.inps.it/portale/default.aspx?iMenu=1&NewsId=3236&sURL=%2fdocallegati%2fNews%2fDocuments%2fVOUCHER_Presentazione.pdf