* di Salvatore Vicario
Una breve riflessione sul fenomeno della corruzione. Nell’ultimo periodo uno dei temi più presenti nell’agenda politica e mediatica è stato proprio il “fenomeno corruzione” con grande risalto all’operosità del Governo Renzi che starebbe predisponendo il ”Decreto Anticorruzione” con relativo dibattito su di esso. Nel bel mezzo di questo sono “esplosi” però due grandi casi di corruzione: l’EXPO (Lombardia) e il MOSE (Venezia). Tutti i media sono sul pezzo con esimi intellettuali a pressare per una legge che faccia “pulizia” nel sistema, con politici o politicanti che si lanciano accuse a vicenda invocando l’etica e la diversità di ognuno, rispolverando perfino in modo grottesco la “questione morale” di berlingueriana memoria in senso giustizialista come fatto dal M5S. Questo fenomeno viene affrontato e analizzato semplicemente come un fatto di malcostume della classe (casta) dirigente politica che sarebbe ormai “fuori controllo” e addirittura espressione allo stesso tempo di un malcostume radicato nella società. Finendo inevitabilmente con l’inneggiamento alle manette della magistratura e alla necessità di leggi più stringenti. Questo metodo completamente fuorviante quanto inutile, ormai è prassi comune anche in una certa sinistra a cui andrebbe rispolverato al posto della “questione morale”, il richiamo di B. Brecht: “Compagni, parliamo dei rapporti di produzione”.
Il fenomeno corruzione non può esser estraniato dai rapporti sociali, pertanto è prettamente una “questione di classe”. Prima di tutto, l’attuale classe politica dirigente italiana non è “rappresentante” della società universalmente intesa (o peggio ancora di sé stessa), ma della grande borghesia monopolistica italiana e internazionale. Secondo, la corruzione si sviluppa con il capitalismo e fin dagli albori di questo modo di produzione non è stata altro che una modalità usata nel suo procedere storico, nel tentativo di governare il conflitto tra le classi.
Engels a proposito affermava che nella “repubblica democratica […] la ricchezza esercita il suo potere indirettamente, ma in maniera tanto più sicura. Da una parte nella forma della corruzione diretta dei funzionari, della quale l’America è il modello classico, dall’altra nella forma dell’alleanza tra Governo e Borsa”.
Come in altre occasioni, ogni grande scandalo è l’occasione per riproporre la truffa ideologica contro le masse lavoratrici e popolari, diffondendo l’idea che la corruzione sarebbe un “cancro” nel sistema, dovuto all’invadenza politica e dei partiti nell’economia e che una maggiore libertà nel mercato sarebbe garanzia del funzionamento del sistema. Nulla di più falso.
Le origini e motivi della corruzione vanno ricercati nel nucleo centrale del capitalismo, in una società che si basa sulla divisione sociale, lo sfruttamento, il saccheggio di risorse e la diseguaglianza. Il Capitalismo come espressione della sua Dittatura ha nella corruzione una delle forme di sfruttamento contro la classe operaia, i settori popolari e le sue risorse (in questo caso il capitale pubblico). La borghesia, oltre lo sfruttamento ottenuto nell’ambito della produzione, articola tutto un sistema di strutture clientelari, favori e pressioni per ottenere ancor più profitti. La corruzione in definitiva va affrontata come una delle forme per ottenere profitti dal lavoro, gravando ancor più sulle spalle dei lavoratori e sulla ricchezza prodotta dalla classe operaia.
La formazione capitalista italiana ha una lunga tradizione di strutture corrotte, pertanto, da una prospettiva storica si tratta di un processo costante e intrinseco al sistema socio-politico capitalista e liberal-democratico, dalla sua formazione statale e costituzionale post-guerra fino al suo sviluppo attuale. Tutti i partiti organici al potere della borghesia sono implicati in questi processi, senza alcuna differenziazione “morale” o “storica” tra partiti di “destra” “centro” “sinistra” borghese, come propriamente dimostrano (se ce ne fosse ancora bisogno) gli ultimi eventi di questi giorni prima citati. La classe che detiene il potere economico e politico costruisce con il suo personale politico una fitta rete di interscambio di favori (che necessita della corruzione) e in particolare nei momenti di crisi, dove il capitale ha profondi problemi nella riproduzione del suo tasso di profitto, gli imprenditori non esitano a fare ricorso ad ogni mezzo per cercare di migliorare lo sfruttamento e almeno a mantenere quello stesso tasso.
La crisi strutturale del capitalismo, spinge le classi dominanti da un lato ad attaccare i diritti dei lavoratori e dall’altro a recuperare la “caduta tendenziale del saggio di profitto” attingendo soldi direttamente dalle casse pubbliche (parte del plusvalore estratto alla classe lavoratrice tramite le tasse), attraverso privatizzazioni, svendite di patrimonio pubblico, finanziamenti e appalti di lavori pubblici facendo leva direttamente sul loro Stato, istituzioni e apparati politici. E’ così che si realizza il trasferimento di capitali nelle tasche di una cerchia di grossi imprenditori legati a doppio filo con “uomini” politici nelle istituzioni che ricevono la loro quota per il servizio reso. Un fenomeno pagato dalla classe operaia, dai settori popolari e dalla gioventù col nostro lavoro e denaro, cui toccano solo sacrifici, con sempre maggiori ostacoli all’eccesso al diritto alla salute, all’istruzione, ad un trasporto pubblico di qualità ecc…
I “grandi scandali” sono solo la punta dell’iceberg su cui interviene la magistratura e si imposta il dibattito pubblico, spesso gestito in modo funzionale, come in passato già accaduto, solo per adeguare il sistema alle fasi storiche. Così fu ad esempio per “tangentopoli” e così sarà anche in questo caso: la classe padronale proseguirà nei suoi fini, perfezionando la macchina e assumendo sempre più direttamente la gestione politica ed eliminando gli intermediari.
Non saranno appelli moralistici ed etici, né le forche mediatiche su cui spesso si vogliono costruire le carriere politiche e giornalistiche, che scalfiranno questo fenomeno, essendo esso strutturale e intrinseco alla formazione sociale capitalista, sviluppandosi dai suoi rapporti e permeando l’intera società. Solo venendo meno le sue basi materiali si potrà eliminare il fenomeno della corruzione.