* di Marco Piccinelli
Le realtà sportive che intendono uno sport altro rispetto a quello imposto dal capitale finanziario, delle pay-tv, cioè quello comunemente chiamato calcio moderno, si stanno moltiplicando a vista d’occhio.
S’era partiti, inizialmente, con poche squadre in altrettanto pochi centri in tutt’Italia, ora s’è arrivati ad un buon numero di squadre e di associazioni che stanno letteralmente invadendo il dilettantismo italiano.
Non si parla solo di calcio, in ogni caso, o meglio: alcune società sportive hanno iniziato il proprio percorso partendo dal mondo del pallone, con l’intenzione d’espandersi ad altri sport e far sì che la propria realtà diventasse non società sportiva calcistica ma polisportiva.
E’ il caso, questo, delle due squadre di Roma più rappresentative: l’Atletico San Lorenzo e l’Ardita.
I rossoblù dell’Atletico hanno aperto fin da subito le porte al calcio a 5 femminile, che quest’anno disputa la serie D, oltre al calcio a 11 maschile (Seconda Categoria Laziale), al basket maschile e femminile (rispettivamente partecipanti a campionati UISP e CSI) e alle attività ludico ricreative per bambini e bambine che vogliono approcciarsi al mondo del calcio.
Anche l’Ardita, infatti, ha intrapreso il percorso dello sconfinamento in altri sport: a fine novembre inizierà il cammino della squadra di pallavolo femminile che parteciperà ad un campionato UISP e, nel frattempo, la realtà calcistica è andata via via consolidandosi nel corso del tempo, dato che questa sarà la quarta stagione in cui i gialloneri disputano un campionato federale, quello di Terza Categoria Romana.
Il cammino di ogni squadra di calcio popolare è più o meno standardizzato per tutte le realtà che intendono costituirsi in associazione sportiva dilettantistica: il primo passo è la partecipazione ad campionato amatoriale, per testare la squadra e la risposta dell’azionariato popolare come mezzo di sostentamento, finanziamento e pubblicità – in un certo qual modo – della squadra; il secondo è quello dell’iscrizione ad un campionato federale, partendo dalla terza categoria, che è un campionato provinciale, a seconda della provenienza della squadra.
Così ha fatto la neonata Spartak Lidense (Roma), sia consentito ancora quell’aggettivo: dopo aver partecipato ad un campionato di calcio a 11 organizzato dall’AICS (il Trofeo del Petrolio), la squadra lidense ha fatto il proprio esordio nel campionato di Terza Categoria della provincia di Roma il diciotto ottobre di quest’anno.
La prima partita ha visto la sconfitta, purtroppo, della squadra rossonera del litorale ma il campionato è ancora lungo e l’incoraggiamento ad una nuova realtà è più che dovuto.
E così le altre squadre nel resto d’Italia: la Polisportiva Gagarin di Teramo, l’Ideale Bari, la Brutium Cosenza e le più quotate Centro Storico Lebowski e Quartograd. Queste ultime citate militano, rispettivamente, in Prima Categoria e Promozione.
Non solo calcio, in ogni caso: a Uras, come s’è potuto vedere nella mappa, in provincia di Oristano, la Juvenilia disputa la serie A2 di Hockey su Prato ed è sostenuta dalla BAU: Brigate alcoliche uresi. Ichnusa, condivisione, antifascismo e goliardia. Così come, allo stesso modo, la creazione del Conasp, di quel luogo di raccolta e discussione di tutte le realtà sportive italiane (non solo legate al mondo del calcio) che pongono in essere l’alternativa allo sport del Capitale e del cosiddetto ‘calcio moderno’, è stata salutata positivamente dal Fronte della Gioventù Comunista: «Come FGC sottolineiamo l’importanza di dare valore allo sport popolare come reale alternativa alla visione capitalistica delle attività sportive, legata alla logica del profitto, dello sfruttamento a fini commerciali degli eventi sportivi e degli atleti. Lo sport, liberato da queste catene, può divenire effettivamente fattore di emancipazione sociale, specie in un momento di crisi come questa. Può costituire una valida alternativa nelle periferie delle nostre città al degrado imposto dal capitalismo, strappare le nuove generazioni proletarie dalla droga e dai falsi miti imposti dal sistema in nome della disuguaglianza e dell’ingiustizia sociale».
Tutte le squadre prima citate, è bene ricordarlo, hanno un tifo al proprio seguito e le tribune dei campi in cui disputano le proprie partite, sembrano molto più calde e accoglienti di quanto i freddi gradini di cemento fanno apparire. Fattori che, ormai sempre più raramente, si possono ritrovare nei grandi stadi della Serie A: un gruppo di sostenitori di ogni età che, esposti a qualsiasi agente atmosferico, sostengono con canti, goliardia, abbracci e generosi sorsi di birra, quei loro colori.
Perché ogni tifoso è proprietario della squadra.