Pierpaolo Mosaico*
Come ogni anno, l’apertura della scuole è accompagnata dall’acquisto dei libri di testo e del corredo scolastico. Questo rito necessario per poter conseguire gli studi è determinato da un aumento di volta in volta maggiore del costo dei materiali da comprare. Questa condizione è quella che sta alla base della differenza di scelta dell’indirizzo di studio, imponendo agli studenti provenienti da ceti popolari di frequentare scuole più “economiche” di altre. È la base della selezione di classe.
Secondo l’ONF, l’Osservatorio Nazionale di Federconsumatori che annualmente si occupa di monitorare il costo dei materiali necessari che gli studenti devono comprare, per ogni famiglia il 2015 è segnato da un aumento medio delle spese scolastiche dell’1,5% rispetto allo scorso anno. Cioè si passa da una spesa per il corredo scolastico di 506, 50 euro ad una di 514,00 euro. Se però zaini, borsellini, diari e quaderni possono costituire un acquisto anche non per forza obbligatorio, diverso è per quanto riguarda i libri di testo.
Quest’anno mediamente per i libri + 2 dizionari si spenderanno 531,70 euro per ogni ragazzo, ovvero +0,4% rispetto al 2014. I licei si annoverano ancora al vertice della classifica delle scuole più costose, per il primo anno si registra infatti la cifra totale di 1.311,00 euro (l’8% in più rispetto al 2010). Si capisce perché questi istituti siano composti generalmente da un target di studenti più ricco rispetto ad altri. Il governo, che nel frattempo nella riforma appena approvata dimostra non considera per niente il diritto allo studio per quello che realmente deve essere, dimostrando il suo vero interesse, affronta la questione del caro libri in modo ambiguo. Il Ministero dell’Istruzione, infatti, ha imposto un tetto minimo di spesa per ogni scuola da non superare, non ritoccato dal 2012. I singoli istituti dovrebbero quindi adottare i libri per ogni classe stando attenti a non oltrepassare il limite.
Nella vita reale però, le cose funzionano diversamente, tant’è vero che sette scuole su dieci si vedono costrette a sforare la soglia imposta. Emblematico è il caso dell’istituto tecnico Sommeiller di Torino, dove il costo di tutti i libri per ogni studente ammonta a 414, 41 euro contro i 304 euro di tetto massimo. O quello dell’alberghiero Giolitti (sempre Torino), scuola in cui si spendono 357,75 euro invece che 299 euro. Di particolare interesse sono anche i casi di quelle scuole che introducono nella lista scolastica libri consigliati che quasi sempre in realtà sono obbligatori. In questo modo le scuole da un lato riescono formalmente a me rimanere all’interno del tetto stabilito e dall’altro le famiglie arrivano a spendere anche 100 euro in più.
Checché ne dicano i telegiornali e tutti gli strumenti governativi di informazione, il reale accesso alla sistema d’istruzione italiano è privo di seri ostacoli solo ed esclusivamente per chi può permetterselo. Infatti in Italia uno studente su tre non completa il ciclo di studi, la maggior parte proviene dal sud e da istituti tecnici o professionali. Il caro libri, rappresenta un reale ostacolo di classe alla continuazione del percorso formativo per ogni studente. Lottare per un’istruzione che sia gratuita e di massa, comprendendone l’incompatibilità con il modello economico vigente, è il compito di cui la gioventù comunista deve farsi carico tutti i giorni dall’interno delle proprie scuole.
*commissione nazionale scuola FGC